I temi di NT+Tributi e bilanci a cura di Anutel

Accoglimento parziale del ricorso e riscossione del dovuto

di Domenico Occagna (*) - Rubrica a cura di Anutel

Laddove il giudice tributario, in parziale accoglimento del ricorso, abbia annullato l'avviso di accertamento e demandato all'ente locale impositore la rideterminazione dell'imposta effettivamente dovuta, l'avvio della riscossione dovrà essere preceduto dalla notificazione di un nuovo avviso, emesso in ottemperanza del giudicato.
Questo principio è desumibile dall'ordinanza della Corte di cassazione n. 29373/2020.

La vicenda
Un Comune ha accertato il mancato pagamento dell'Ici relativa ad alcuni fabbricati, da parte di una società, che si è opposta presentando ricorso alla Ctp. La CTP ha accolto parzialmente il ricorso, affermando la non debenza del tributo in relazione a un fabbricato e statuendo che gli altri immobili oggetto di accertamento dovessero essere ricondotti alla loro reale classificazione catastale, che era stata oggetto di contestazione.
Il Comune non ha impugnato la sentenza e ha notificato alla società un'ingiunzione di pagamento, recante l'indicazione dei minori importi che ha reputato dovuti in forza della sentenza.
La società ha impugnato anche l'ingiunzione, deducendo che avrebbe dovuto essere preceduta dalla notificazione di un nuovo atto, recante «la specifica classificazione catastale degli immobili e la relativa rendita».
Il ricorso, accolto in primo grado, è stato respinto in appello. La Ctr ha ritenuto che il comune avesse legittimamente notificato l'ingiunzione di pagamento «in esito all'originario giudizio sugli avvisi di accertamento, indicando in questo atto gli importi corretti, secondo le indicazioni ricevute da quei giudici» e che non poteva nemmeno affermarsi il vizio di motivazione dell'ingiunzione, contenente «un mero calcolo aritmetico (…) agevolmente verificabile dalla parte contribuente con i dati in suo possesso».

La decisione
La Suprema Corte, in accoglimento del ricorso della società, ha cassato la sentenza della Ctr e, decidendo nel merito, ha annullato l'ingiunzione e condannato il Comune alla refusione delle spese di lite.
Secondo il Collegio, l'ingiunzione era stata «emessa sulla base di un avviso di accertamento parzialmente annullato con sentenza passata in giudicato», laddove l'ufficio era «tenuto a ottemperare al giudicato di annullamento, al quale deve adempiere, quale atto doveroso, costituente esercizio dello stesso potere impositivo, che nell'ordinamento fiscale non può avere carattere discrezionale (in motivazione Cassazione n. 14377/2007)». Il Comune «come da dispositivo precisato nella sentenza (…) era tenuto ad emettere un nuovo avviso di accertamento ottemperando al predetto giudicato onde dare conto delle ragioni per le quali, sulla base dei rilievi della contribuente, riteneva che le rendite poste a base della pretesa erano corrette» e solo successivamente, «in caso di inadempimento da parte della società contribuente», avrebbe potuto «provvedere alla notifica della relativa ingiunzione».

Il commento
La decisione appare strettamente legata alla circostanza concreta che l'ingiunzione non contenesse «alcun riferimento alla sentenza» e, soprattutto, che il Comune non avesse «dato conto delle ragioni per le quali ha ritenuto di richiedere nuovamente la medesima imposta per gli immobili in relazione ai quali avrebbe dovuto compiere, secondo quanto accertato dalla Commissione tributaria provinciale, (…) la verifica della reale classificazione catastale, tenuto conto che la parte aveva contestato gli importi pretesi assumendo che gli stessi facevano riferimento a rendite non conformi a quelle che si evincevano catastalmente».
Laddove l'ingiunzione fosse stata congruamente motivata, la Corte avrebbe verosimilmente escluso la necessità di adottare un atto che non può essere considerato come un «nuovo avviso di accertamento», ma deve essere considerato un atto atipico, che non trova fondamento nel potere di accertamento dei tributi (da esercitare nel relativo termine di decadenza) ma nel dovere di attuazione del giudicato.
In relazione alla diffusa prassi di demandare agli uffici la concreta rideterminazione degli importi dovuti, giova ricordare che essa, benché giustificata da apprezzabili esigenze di celerità e concentrazione del processo tributario, non appare del tutto corretta. La natura di impugnazione-merito propria del processo tributario implica, infatti, che: «il giudice, ove ritenga invalido l'avviso di accertamento per motivi non formali, ma di carattere sostanziale, non può limitarsi al suo annullamento, ma deve esaminare nel merito la pretesa e ricondurla alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte, restando, peraltro, esclusa dal Dlgs 546/1992, articolo 35, comma 3, ultimo periodo, la pronuncia di una sentenza parziale solo sull'«an» o di una condanna generica (Cassazione n. 13294/2016, Rv. 640171; in termini, tra le tante, Cassassazione n. 24611/2014, n. 26157/2013, n. 13034/2012 nonché Cassazione, sezioni unite, n. 13916/2006)» (cfr., da ultimo, Cassazione civile, ordinanza n. 12597/2020. In senso conforme, tra le tante, anche: Cassazione Civile numeri 25913/2015; 6918/2013; 19542/2011; 17072/2010; 19079/2009; 8765/2009; 6364/2009; 25376/2008; 22453/2008).

(*) Avvocato, docente Anutel

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