Personale

Adeguamento del limite accessorio, dal 2020 si sommano dipendenti e posizioni organizzative

Non ci sono nella norma elementi che portino a una differenziazione tra le due poste economiche o a un incremento separato tra le due

di Gianluca Bertagna

La quota media pro-capite alla base dell'adeguamento del limite al trattamento accessorio 2016 si calcola assommando in un unico importo fondo per le risorse decentrate e stanziamento per le posizioni organizzative del 2018, dividendolo poi per i dipendenti in servizio al 31 dicembre di quell'anno stesso. Non ci sono nella norma elementi che portino a una differenziazione tra le due poste economiche o a un incremento separato tra le due.
Queste le conclusioni della Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, con la delibera n. 95/2020 che sgombra il campo di alcuni dubbi emersi nel corso dell'ultimo anno quanto alle corrette modalità di computo dell'adeguamento del limite, imposto dall'ultimo periodo dell'articolo 33, comma 2, del decreto Crescita.

Tra le incertezze correlate alle nuove norme assunzionali un posto di rilievo spetta ai riflessi operativi del processo di innalzamento del limite al trattamento accessorio, in ipotesi di incremento della dotazione organica.
La laconicità della norma e del decreto attuativo, non meglio declinate sotto questo profilo neppure dalla circolare ministeriale che è seguita, hanno spinto un Comune a investire la sezione lombarda con una serie di quesiti.

Dubbi nel definire correttamente i dipendenti in servizio a fine 2018, sia nel computare la consistenza della dotazione nell'anno di riferimento, secondo termine di paragone, nel quale le assunzioni e le cessazioni intervenute via via richiedono probabilmente la definizione di un metodo di calcolo ponderato. Anche i riflessi contrattuali presentavano criticità, alla ricerca dell'istituto utile a consentire l'incremento del fondo in caso di limite innalzato.

I magistrati hanno ritenuto inammissibili, perché non pertinenti alla contabilità pubblica, i quesiti di natura squisitamente amministrativa o di interpretazione contrattuale, ma hanno evidenziato con chiarezza quale debba essere il principio di calcolo generale.

Rileva tanto la lettera dell'articolo 33, comma 2, che prevede che la quota media pro-capite tenendo conto del fondo "nonché" dello stanziamento per le posizioni organizzative, quanto la considerazione che il limite stabilito dall'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 75/2017 è unico. La norma è chiara, onnicomprensiva, e numerose interpretazioni della Corte dei conti lo hanno da tempo stabilito.

Confermato che per intervento del Dm 17 marzo 2020 il limite 2016 non può mai scendere, neppure in caso di riduzione del personale, il suo adeguamento positivo passa attraverso l'individuazione della somma delle due componenti su indicate nel 2018, divise per la consistenza del personale nell'ultimo giorno di quello stesso anno.

Inoltre, la quantificazione del fondo, ai fini della determinazione del valore medio, deve essere fatta con riferimento esclusivo a quelle voci che concorrono a determinare il tetto del trattamento accessorio.

Questo approccio - che, la Corte lo sottolinea, è lineare tanto sotto il profilo normativo che dal punto di vista logico e pragmatico - consente evidentemente che lo spazio finanziario generato dall'adeguamento del limite sia sfruttato da ciascuna amministrazione nella propria autonomia in base alle esigenze che derivano dalla programmazione dei fabbisogni.

La quota media pro-capite andrà perciò moltiplicata per l'incremento della dotazione organica, dato sul cui corretto calcolo sarebbe di grande aiuto un intervento a mezzo di una circolare esplicativa.

Ci si chiede in effetti, in questi mesi, se sia nuovamente tempo per l'utilizzo della cosiddetta «semi-somma», o se sia preferibile un conteggio che tenga conto dei mesi di effettivo servizio di assunti e cessati, al fine di determinare puntualmente lo scostamento positivo che darebbe la stura all'adeguamento del limite.

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