Amministratori

Agente contabile patrimonialmente responsabile per i danni che l'ente ha subito a causa di un furto

Con colpa grave per non avere adottato precauzioni minime di diligenza nella custodia dei proventi dell multe

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di Claudio Carbone

L'agente contabile è patrimonialmente responsabile per i danni cagionati all'ente locale da ignoti nel compimento di un furto, se non è in grado di dimostrare la sua estraneità, intesa quale assenza di comportamento doloso o gravemente colposo diretto a favorire l'evento delittuoso. È quanto si ricava dalla sentenza della Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale del Molise n. 70/2021, in merito alla sottrazione di provenienti della riscossione delle multe compiuta all'interno della Caserma del Corpo della Polizia municipale. Ritenendo che dovessero rispondere della sparizione, dopo aver notificato agli agenti contabili coinvolti l'invito a dedurre che non riceveva riscontro da parte dei soggetti invitati, la Procura erariale provvedeva al recapito dell'atto di citazione. Dai fatti accertati, il requirente ha ravvisato la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi dell'illecito amministrativo-contabile: sia di natura oggettiva (condotta illecita generativa di un danno per l'erario); sia di ordine soggettivo (colpa grave, per non avere essi, nella qualità di agenti contabili, adottato precauzioni minime di diligenza nella custodia dei proventi della riscossione delle multe).

Per comprendere il ragionamento seguito dalla Procura occorre chiarire che la tipologia di responsabilità in esame è qualificata come contabile in quanto derivante dal maneggio di denaro e di beni di pertinenza erariale. Essa è giustificata non già in base a un diverso rapporto che detti dipendenti (gli agenti contabili) hanno con la propria amministrazione, ma al contenuto dell'attività da essi svolta, che determina una peculiare situazione giuridica tra i due soggetti (Pa e agente), per cui il primo detiene un bene di pertinenza del secondo. Per tali motivi, questa responsabilità costituisce una species rispetto al più ampio genus della responsabilità amministrativa patrimoniale, con la quale ha peraltro in comune tutti gli elementi costitutivi (condotta antigiuridica; evento dannoso; nesso eziologico; elemento soggettivo). L'eventuale maggiore responsabilità, tuttavia, deriva dall'esservi una differenza tra il valore di cui il contabile dovrebbe rendere conto e quello di cui effettivamente è in grado di disporre, secondo i principi generali che in campo civilistico regolano le obbligazioni cosiddette di restituzione (ad esempio, il deposito). In questo contesto, appare certamente esistente il diretto nesso di causalità tra la disinvolta gestione e la successiva consumazione dei furti in questione da parte di ignoti, facilitati oltre ogni loro aspettativa dall'assetto organizzativo e logistico dell'ufficio.

Ciò premesso, dai fatti esaminati in giudizio è emerso che la somma sottratta risultava coperta da assicurazione. Il Pm, pertanto, dopo aver acquisito la documentazione attestante il rimborso delle somme sottratte da parte della compagnia assicuratrice, ha ritenuto di proporre la chiusura del procedimento per cessata materia del contendere perché il danno alle finanze non si è materializzato. I convenuti di contro hanno chiesto la prosecuzione del giudizio per vedersi assolti completamente per l'onta subita a seguito del giudizio. Il giudice diversamente ha ritenuto di non accogliere la richiesta del Pubblico Ministero perché la declaratoria di «cessazione della materia del contendere» presuppone che le parti si diano reciprocamente atto del sopravvenuto mutamento della situazione sostanziale dedotta in giudizio e sottopongano conclusioni conformi in tal senso al giudice. Circostanza questa che non si è verificata perché i convenuti hanno espressamente richiesto il rigetto della domanda risarcitoria e la pronuncia assolutoria «per assenza del nesso di causalità» o, in subordine, «per sopravvenuta mancanza del danno per fatto del terzo». Il Collegio, invece, ha dato rilievo alla «sopravvenuta mancanza del danno per fatto del terzo», che comporta non già una pronuncia assolutoria, ma la constatazione del sopravvenuto venir meno dell'interesse all'azione, con la conseguenza dell'improcedibilità della domanda.

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