Amministratori

Al debutto con incognite le nuove indennità degli amministratori locali

Per il 2022 e il 2023 l'aumento sarà graduale fatta salva la facoltà dei singoli enti di anticipare l'importo a regime

di Vito A. Bonanno ed Elena Masini

La legge di bilancio 2022 (legge 234/2021) ai commi 583-387 ha previsto un significativo aumento delle indennità spettante al sindaco, vice-sindaco, assessori e presidente del consiglio, agganciandole al trattamento economico mensile stabilito per i presidenti di regione (il tetto è attualmente pari a 13.800 euro). L'aumento – graduato in relazione alla tipologia di ente - sarà progressivo in quanto le nuove misure andranno a regime dal 2024. Per il 2022 e il 2023 si applicherà un aumento graduale rispettivamente pari al 45% e al 68%, fatta salva la facoltà dei singoli di enti di anticipare l'importo a regime, nel rispetto degli equilibri di bilancio.

In corrispondenza dell'erogazione delle competenze stipendiali del mese di gennaio, gli enti sono chiamati a quantificare la nuova misura dell'indennità spettante agli amministratori e a procedere al relativo pagamento. Le difficoltà applicative tuttavia non sono poche, in quanto le norme di riferimento, anziché modificare il quadro ordinamentale vigente, hanno introdotto disposizioni di diretta applicazione, ponendo tra l'altro problemi di coordinamento con il Dm 119/2000. Il primo dubbio – relativo a come calcolare gli aumenti per il 2022 e il 2023 – è stato fugato dalla Ragioneria generale dello Stato, che con nota prot. 1580 del 5 gennaio scorso, in risposta ad una specifica richiesta dell'Anci, ha chiarito come le % di incremento indicate dal comma 584 (45% per il 2022 e 68% per il 2023) sono da applicare alla maggiore indennità che scatta dal 2024, vale a dire sul differenziale incrementativo calcolato rispetto all'indennità attribuita nel 2021. Tale chiarimento, tuttavia, non è sufficiente a spianare la strada verso una pacifica applicazione delle disposizioni. In primis, andrebbe chiarito se continuano ad applicarsi le maggiorazioni previste dall'articolo 2 del Dm 119/2000 relative ai flussi stagionali, alle entrate proprie e alla spesa corrente pro-capite. La risposta dovrebbe essere negativa, perché il legislatore ha sostituito integralmente, disapplicando le tabelle allegate al Dm del 2000, i parametri di determinazione della misura massima dell'indennità di funzione. Inoltre, diversamente opinando, se si applicassero alle nuove misure dell'indennità massima anche le previgenti maggiorazioni, si arriverebbe a riconoscere al sindaco della città metropolitana un importo superiore a quello del presidente della Regione, contravvenendo così al limite massimo stabilito dal legislatore. Il regolamento del 2000 continua invece a trovare applicazione per quanto riguarda i parametri di determinazione delle indennità da riconoscere al vice-sindaco, agli assessori e al presidente del consiglio, per espresso rimando contenuto nel comma 584, nonché per la misura dei gettoni di presenza dei consiglieri, che restano fissate nell'importo indicato nella tabella A.

Nonostante la prassi spesso seguita dagli enti, che demandano ad una delibera dell'organo di riferimento la determinazione delle indennità da riconoscere agli amministratori, la competenza è posta in capo al dirigente. In questo senso si era già espresso il ministero dell'Interno con la circolare n. 5/2000, emanata all'indomani del varo del Dm 119/2000. Ciò in quanto la concreta quantificazione dell'indennità in attuazione di disposizioni di legge precettive, laddove priva di discrezionalità, rappresenta un atto di natura tecnica. Gli organi politici interverranno solamente per decidere un eventuale aumento o una riduzione della misura di legge. Alla giunta comunale e al consiglio la quantificazione sarà trasmessa per una presa d'atto, nonché per assumere eventuali decisioni in merito ad un aumento anticipato al 2022 delle nuove misure delle indennità, da recepire all'interno del Dup, come indicato dall'Anci.

Un ostacolo all'immediato riconoscimento delle indennità viene dal reperimento della provvista finanziaria necessaria e dal conseguente adeguamento degli stanziamenti di spesa. Gli enti che hanno già approvato il bilancio di previsione spesso non hanno previsto la maggiorazione, mentre coloro che si trovano in esercizio provvisorio lavorano sulla base di previsioni allineate alla spesa per le indennità del 2021. Per quanto riguarda il primo aspetto (individuare le risorse a copertura della maggiore spesa), viene in soccorso il contributo ministeriale previsto dal comma 586 quale concorso degli oneri che graveranno sugli enti. Le risorse stanziate (100 milioni per il 2022, 150 per il 2023 e 220 per il 2024) che si aggiungono a quelle già previste dall'articolo 57-bis del Dl 124/2019, sono sufficienti a coprire integralmente gli aumenti di spesa, come si evince dalla relazione tecnico finanziaria allegata al Ddl di bilancio 2022 e come confermato anche dalla RgS con la nota sopra citata, a eccezione dell'Irap. I Comuni, quindi, sono già in grado di iscrivere in bilancio un contributo pari alla maggiore spesa connessa alle nuove indennità, il quale andrà restituito se non integralmente utilizzato. La variazione può avvenire, da parte degli enti che hanno già approvato il bilancio, con delibera di giunta in via d'urgenza (articolo 175, comma 4, del Tuel). Per chi si trova in esercizio provvisorio la variazione è ugualmente ammessa in quanto trattasi di spesa obbligatoria, in forza di quanto previsto dal punto 8.4 del pc 4/2 (si veda, per un caso simile connesso alla spesa per le consultazioni elettorali, la Faq n. 14/2016 di Arconet). Che fare se l'ente non è in condizioni di approvare la variazione di bilancio? In tal caso occorrerà valutare opzioni alternative, tra le quali segnaliamo:
a) la decisione di non applicare subito gli aumenti, aspettando che gli stanziamenti di bilancio siano opportunamente adeguati o in fase di approvazione del bilancio o in variazione. Trattandosi di aumento previsto da norma di legge, potranno essere riconosciuti gli arretrati al sindaco e agli assessori a partire dal 1° gennaio 2022, non ravvisandosi - in tale contesto - il divieto di attribuzione retroattiva che invece scatta per gli incrementi di natura discrezionale;
b) applicare subito gli aumenti a partire dal mese di gennaio, pur in assenza di adeguato stanziamento di spesa. Tale soluzione – pur non auspicabile - è comunque percorribile nella misura in cui – lo ripetiamo – ci troviamo di fronte a spese che devono essere riconosciute per legge, a meno che non intervenga una espressa rinuncia da parte degli interessati. Proprio per tale motivo l'assunzione dell'impegno di spesa da parte degli enti che si trovano in esercizio provvisorio potrà avvenire in deroga ai limiti dei dodicesimi.

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