Al termine di accertamento decadenziale si applica il principio di scissione degli effetti della notifica
La Cassazione richiama all’ordine le Corti di merito
Con l’ordinanza n. 30227/2025, depositata il 16 novembre 2025, la Corte di Cassazione è nuovamente intervenuta in materia di termini per l’esercizio del potere impositivo, confermando la natura esclusivamente decadenziale del termine quinquennale disciplinato, dall’articolo 1, comma 161, legge 296/2006, per la notifica degli avvisi di accertamento.
La pronuncia, resa in un giudizio avente ad oggetto un avviso di accertamento Ici relativo all’anno d’imposta 2013, assume rilevanza alla luce dell’orientamento, ancora presente in alcune Corti di merito, che qualifica il termine in questione come termine di prescrizione, con conseguente disapplicazione del principio della scissione soggettiva degli effetti della notifica.
Il caso al vaglio della Corte concerne una sentenza con la quale la Commissione tributaria regionale aveva escluso l’applicabilità della scissione degli effetti della notifica, accogliendo l’appello della contribuente e dichiarando tardiva la notifica dell’avviso di accertamento, avvenuta il 3 aprile 2019, dunque oltre il termine quinquennale dell’articolo 1, comma 161, legge 296/2006, a nulla rilevando che l’ente avesse consegnato il plico all’ufficio postale il 30 novembre 2018.
Tale decisione è stata integralmente ribaltata dalla Suprema Corte, che ha cassato la sentenza con decisione nel merito, ritenendo pienamente tempestivo l’accertamento notificato.
Ed infatti, il giudice di legittimità, richiamando le Sezioni Unite n. 40543/2021, ha, innanzitutto, ribadito che il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione, trova sempre applicazione anche per gli atti di imposizione tributaria, è, quindi, sufficiente che la spedizione del provvedimento sia avvenuta entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello della contestata violazione ed è irrilevante la circostanza che l’avviso sia stato, poi, ricevuto oltre il quinquennio.
Ma la parte più significativa dell’ordinanza, considerato il persistente contrasto giurisprudenziale, è quella in cui la Corte ha richiamato l’attenzione sulla distinzione concettuale tra decadenza e prescrizione, rendendo evidente la confusione in cui incorrono alcune decisioni di merito: “Una cosa è il termine di decadenza quinquennale fissato dalla norma sopra riportata per la notifica dell’avviso di accertamento; altro è la soggezione del credito da riscuotere, dopo la sua liquidazione, al termine di prescrizione.L’esercizio del potere impositivo è assoggettato al rispetto di un termine di decadenza […] Ai fini del rispetto del quale, a differenza di quanto avviene per il termine di prescrizione, assume rilevanza la data nella quale l'ente ha posto in essere gli adempimenti necessari ai fini della notifica dell'atto e non quello, eventualmente successivo, di conoscenza dello stesso da parte del contribuente.”
Di prescrizione, dunque, si può parlare solo dopo che la pretesa tributaria si sia consolidata, ossia dopo che l’avviso, validamente notificato, si sia definito. In linea con la disciplina dell’articolo. 2935 del codice civile che così sancisce:” La prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere.”
Una pronuncia, quella in commento, che ci si auspica possa contribuire alla certezza del diritto, neutralizzando quel fenomeno – purtroppo non sporadico – di “interpretazioni alternative” dei giudici di merito, spesso foriere di instabilità applicativa e di contenziosi superflui, che assoggettano gli accertamenti ad un termine di prescrizione o, in alcuni casi, addirittura “anche” di prescrizione oltre che di decadenza.
La chiarezza della Corte invita, invece, a distinguere correttamente i piani del rapporto tributario: quello genetico, scandito dai termini di decadenza, e quello di riscossione, governato dalla prescrizione.
(*) Avvocato
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