Il CommentoFisco e contabilità

Amministrazioni alle prese con un processo di «riedificazione» contabile

di Ettore Jorio

Il caso Calabria, divenuto noto per una sanità per lo più caratterizzata dalla mancata ovvero viziata approvazione dei bilanci trascorsi, aziendali e quindi regionali, alcuni dei quali ritenuti dalla magistratura ordinaria chiaramente falsi, mette in rilievo un problema che affligge la Pa complessivamente. Il problema degli adempimenti cui la stessa è sottoposta dall'ordinamento per restituire, all'occorrenza, certezza e veridicità ai rispettivi bilanci, rendendoli così autentici strumenti di misurazione dello stato di salute dell'ente, cui sono preposti presidenti di Regione, rappresentanti degli enti locali e amministratori di partecipate.

Il principio
Il tutto ispirato al principio della prudenza che pretende: la responsabilità degli amministratori, agenti nell'impiego delle risorse pubbliche, di rendicontare la spesa sia in termini di regolarità dei conti che in efficacia della gestione; il rispetto dell'equità intergenerazionale, nel senso di non differire incrementi di debito pubblico ai cittadini di domani; la sostenibilità del bilancio, intesa come strumentale al soddisfacimento dei bisogni sociali attuali senza compromettere quello futuro. Un principio irrinunciabile, ritenuto tale - da ultimo - dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 80/2021.
A ben vedere un compito difficile e immediato per le amministrazioni autonome e per le società dalle stesse partecipate, invase da irregolarità contabili passate, attesa la loro inderogabile necessità di mettere fine a questo stato di cose, regolarizzando il proprio bilancio, nel senso di renderlo corrispondente alla più attuale realtà giuridico-economica. Il tutto sulla base dei presupposti di diritto che giustificano il corretto allibramento dei conti.

Un handicap sistemico e i rimedi dovuti
Al riguardo, non è affatto trascurabile la frequente rinvenibile non dimestichezza degli operatori contabili ad affrontare e perfezionare le rilevazioni derivanti dagli obblighi della contabilità economica-patrimoniale, cui occorrerà rimediare magari utilizzando al meglio le consistenti selezioni straordinarie decise dal Governo per curare l'attuazione del Pnrr. Ciò anche perché nello stesso è individuata l'implementazione del sistema di contabilità pubblica, nel senso che dovrà essere unico e basato sul principio Accrual, in linea con i principi e standard contabili nazionali e internazionali, rispettivamente riassunti negli acronimi Ipsas ed Epsas, nonché della Direttiva Ue 85/2011 (si veda NT+ Enti locali & Edilizia del 14 maggio).

Le regole
Nel difficile processo di "riedificazione" contabile dovrà aversi cura di: a) lasciare così come sono i bilanci dei precedenti esercizi, indipendentemente se non condivisi nei diversi livelli di controllo, ivi compresa la sottoposizione dei medesimi all'esame del magistrato; b) salvo appostare in quello contemporaneo le componenti straordinarie (sopravvenienze e insussistenze) correttive dei saldi dei mastri non rispettosi all'epoca dei principi di veridicità, certezza e chiarezza. Il tutto, con ovvia incidenza sulla determinazione del risultato del coincidente conto economico.
Una regola ineludibile sancita dalla Consulta secondo la quale «il principio di continuità del bilancio è una specificazione del più ampio principio dell'equilibrio tendenziale contenuto nell'art. 81 cost., in quanto "collega gli esercizi sopravvenienti nel tempo in modo ordinato e concatenato" (su tutte, sentenza n. 181 del 2015), consentendo di inquadrare in modo strutturale e pluriennale la stabilità dei bilanci preventivi e successivi». Un assunto chiaro e ineccepibile che attribuisce, per l'appunto, l'inderogabilità assoluta della continuità di bilancio per il suo riconosciuto effetto «protesico» di quell'equilibrio economico introdotto nella Costituzione nel 2012. D'altronde, questa modalità di adempimento è stata ribadita, da ultimo, dalla Cassazione con le sentenze della prima sezione nn. 4120 e 7586 del 2016, con le quali – richiamando quanto deciso con la sentenza n. 2379/1977 – ha definitivamente riaffermato l'assoluta ineludibile osservanza del principio di continuità dei bilanci. Lo ha fatto decidendo che:
a) le risultanze di bilancio dell'esercizio trascorso devono essere assunte a fondamento dell'esercizio seguente anche se oggetto di contestazione giudiziale;
b) il bilancio di esercizio di una società per azioni (dunque, quello preteso dalla Pa territoriale nell'evoluzione del Dlgs 118/2011), in forza del principio della cosiddetta continuità, deve partire dai dati di chiusura del bilancio dell'anno precedente, anche nel caso in cui l'esattezza e la legittimità di questi ultimi siano state poste in discussione in sede contenziosa, e siano state negate con sentenza non passata in giudicato.
Da ciò viene pertanto a desumersi che solo il passaggio in giudicato della sentenza fa sorgere il dovere degli amministratori di apporre al bilancio contestato le variazioni imposte dal comando giudiziale, e, quindi, di modificare conseguenzialmente i dati di partenza del bilancio successivo.