Annullamento di una intera procedura di concorso da valutare con la massima prudenza
Solo in caso di errori così radicali ed estesi da rendere al di là di ogni ragionevole dubbio non attendibili le prove effettuate
La possibilità di annullare una intera procedura di concorso in presenza di presunti errori deve essere circoscritta e valutata con la massima prudenza. Ciò al fine di evitare che per tale via venga eluso il principio della «prova di resistenza»: solo in presenza di errori così radicali ed estesi da rendere al di là di ogni ragionevole dubbio non attendibili in toto le prove effettuate, e dunque non rispettati i principi di oggettività, idoneità e trasparenza possono essere avviate le istruttorie di annullamento delle procedure.
Secondo il Tar Lazio (sentenza n. 6614/2022), il candidato che impugna i risultati di una procedura concorsuale ha l'onere di dimostrare il suo interesse, attuale e concreto, a contestare la graduatoria. Deve dimostrare il reale impatto che i vizi prospettati hanno avuto sulla sua possibilità di ottenere il posto messo a bando. Non può far valere un astratto «interesse della legge» alla corretta formulazione della graduatoria, se tale diversa formulazione non comporti alcun risultato concreto, effettivo o in altro modo per lui direttamente utile.
Nelle controversie relative alla contestazione dei risultati dei concorsi pubblici non può prescindersi - ai fini della verifica della sussistenza di un concreto e attuale interesse all'impugnativa - dalla cosiddetta «prova di resistenza». Il ricorrente deve, infatti, dimostrare o quantomeno fornire un principio di prova in ordine alla possibilità di ottenere un vantaggio tangibile dall'accoglimento delle censure formulate; evidenziando la sussistenza di un collocamento in graduatoria in posizione utile in caso di accoglimento delle sue lamentele.
Fornire la cosiddetta «prova di resistenza» deve essere considerato non un mero adempimento formale, quanto piuttosto un vero e proprio dovere da parte di chi si senta leso nei propri diritti a un miglior trattamento nelle procedure concorsuali. E tale dimostrazione va fornita in modo puntuale e circostanziato poiché è da considerarsi escluso qualsiasi intervento suppletivo o "di soccorso" da parte del giudice stesso.
Se è vero che la regola generale secondo la quale l'onere della prova grava in capo ai soggetti che intendono far valere in giudizio una pretesa trova una applicazione meno rigorosa nel giudizio amministrativo, essendo consentito al giudice di acquisire d'ufficio gli elementi ritenuti rilevanti ai fini della decisione, tale attività suppletiva va comunque circoscritta alle sole ipotesi in cui gli elementi di prova non siano nella disponibilità del ricorrente. In altre parole, i casi di attenuazione del principio dispositivo che legittimano la spendita di poteri acquisitivi del Tar quali eccezioni alle ordinarie regole sulla ripartizione dell'onere della prova, risultano applicabili nel processo amministrativo solo laddove la posizione di supremazia dell'Amministrazione si ponga in contrasto con il principio di parità delle parti processuali; ostacolando la dimostrazione della pretesa fatta valere in giudizio dalla parte privata.