Arretrati dei Comuni a quota 19 miliardi: multe protagoniste
Stralcio o definizione opzionale da estendere anche alle ingiunzioni
I crediti fino a mille euro presenti nel magazzino dell’agenzia delle Entrate Riscossione sono circa 171 milioni, e valgono 55 miliardi di euro. Rientrano in questa categoria la maggioranza delle entrate comunali ancora in attesa più o meno fondata di riscossione, che in tutto ammontano a 19 miliardi: e all’interno di questa voce, una larga maggioranza è rappresentata dalle multe, che in media viaggiano poco sopra i 200 euro pro capite. E che secondo le intenzioni del governo, nella versione finale della legge di bilancio vedranno il loro destino assegnato all’autonomia delle scelte locali sul possibile stralcio integrale o parziale (Nt+ Enti locali & edilizia di giovedì).
Sono questi i numeri chiave intorno ai quali ruota il nuovo giro dello stralcio delle mini-cartelle, che dopo la prima puntata con cui si sono cancellati i debiti fino al 2010 si concentra ora sul 2011-2015. Sono numeri importanti, che però quasi scompaiono di fronte alle dimensioni ciclopiche degli arretrati fiscali, gonfiati da una mole di crediti ormai destinati a rimanere lettera morta a prescindere dalle decisioni politiche e dai dibattiti sui “condoni” che le accompagnano.
La conferma arriva del resto dai risultati del primo stralcio, quello avviato dal governo Conte-1 con il decreto fiscale del 2018 (Dl 119/2018, articolo 4) che nel falò delle mini-cartelle aveva fatto scomparire 123 milioni di ruoli, cioè il 40% dei crediti ancora teoricamente in vita a quella data, ma che sul piano dei valori in gioco aveva fermato la propria azione al 3,5% dei carichi allora sulle spalle dell’agente nazionale della riscossione, come aveva ricordato due anni dopo il presidente dell’agenzia Ernesto Maria Ruffini in un’audizione alla commissione Finanze del Senato.
Più significativo, in proporzione, è l’impatto contabile delle mini-cartelle destinate all’estinzione sui conti comunali. Anche in questo caso, però, per inquadrare i termini del problema le cifre generali servono a poco. L’Anci ha calcolato il colpo di uno stralcio generalizzato dei mini-debiti 2010-2015 in 350 milioni di euro, somma non enorme in proporzione a un complesso di tributi, tariffe e sanzioni che ogni anno porta nelle casse dei Comuni oltre 40 miliardi di euro. Il problema è la distribuzione del carico, per una ragione piuttosto semplice. Nei Comuni la crisi dei bilanci è innescata quasi sempre dalle difficoltà nella riscossione, e la riscossione inciampa ovviamente più spesso sulle multe e sulle altre entrate tributarie di quanto non accada con Imu e addizionali. Il problema è presente ovunque ma raggiunge dimensioni patologiche soprattutto nel Mezzogiorno, dove le percentuali di riscossione spontanea spesso crollano sotto al 50% e quelle della coattiva, con cui si provano a recuperare i debiti di chi non versa spontaneamente, non fatica ad avvicinarsi allo zero.
In teoria, con la riforma della contabilità che ha provato ad ancorare i bilanci locali alla realtà imponendo una pulizia costante dei mancati incassi (residui attivi) e la creazione di fondi di copertura (fondo crediti) delle entrate attese che non arrivano, il problema non dovrebbe sussistere. Ma la realtà non sempre aderisce in maniera perfetta ai principi della contabilità armonizzata, e il problema c’è. Nelle multe, poi, è doppio: perché lì non è applicabile nemmeno la cancellazione delle sole sanzioni e interessi come accade nelle imposte per i ruoli sopra i mille euro, dal momento che le multe sono tutte «sanzioni».
Da questo intreccio di questioni è nata l’idea di lasciare ai sindaci la scelta su che cosa stralciare o rottamare delle “loro” multe. Ipotesi che andrebbe estesa anche alle ingiunzioni di pagamento, per evitare il rischio di replicare il doppio binario che apre le chance della definizione agevolata solo quando l’ente si è affidato a suo tempo a Equitalia.
L’ipotesi risolve una serie di questioni tecniche ma apre inevitabilmente un problema politico per i sindaci. Che si troveranno di fronte al bivio fra premiare chi ha ignorato i solleciti oppure affrontare la ricaduta politica di un «no» che li vedrebbe meno generosi dello Stato sulla gestione degli arretrati fiscali. Il tutto, per di più, in un campo come quello delle multe per le quali è più difficile invocare le difficoltà economiche da Covid e crisi energetica, visto che le sanzioni arrivano anche a dipendenti pubblici e privati, manager e in generale chi non ha problemi. E proprio per questo l’idea sta avendo fra le amministrazioni locali un’accoglienza non proprio entusiasta.
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di Marco Castellani (*) - Rubrica a cura di Ancrel