Personale

Assunzioni, dalla Corte dei conti mano libera ai Comuni sulle voci di spesa per il calcolo della percentuale

Per i magistrati contabili una circolare non ha «cogenza» nella gerarchia delle fonti

di Gianluca Bertagna

È «scontro» tra la Corte dei conti della Lombardia e la circolare interministeriale sulle modalità di quantificazione delle spese di personale per i calcoli del rapporto con le entrate correnti per misurare la sostenibilità finanziaria dei Comuni in attuazione del Dm 17 marzo 2020. La delibera n. 125/2020 si distacca dalle indicazioni dei ministri suggerendo ai Comuni di valutare autonomamente quali voci considerare per il calcolo della percentuale.

Il nuovo meccanismo assunzionale per i Comuni introdotto dal Dl 34/2019 è diventato operativo quest'anno attraverso due interventi guidati dai Ministri dell'Economia delle Finanze, dell'Interno e della Pubblica amministrazione. Il primo è il decreto 17 marzo 2020, che ha dettagliato le regole del gioco che dal 20 aprile scorso tutti i Comuni devono rispettare per i nuovi ingressi di personale a tempo indeterminato. Il secondo è la circolare esplicativa, anch'essa a firma dei tre Ministri, che è scesa ancor più nel dettaglio giungendo a individuare in modo puntuale le voci di spesa di personale da considerare per effettuare il calcolo, e scegliendo a questo fine alcuni codici voce utilizzati per l'invio dei consuntivi alla Banca Dati delle Amministrazioni Pubbliche (Bdap). Di fatto, in questo modo, si è chiuso il cerchio. Dopo aver fissato le regole generali, i Ministri hanno insomma fornito anche quelle di dettaglio, assai utilmente semplificando ogni ragionamento: per dare certezza di dati e uniformità di calcolo vengono elencati i codici di bilancio da utilizzare. Detto in altre parole significa che il valore «spesa di personale» non è oggetto di scelte interpretative da parte dei singoli enti su cosa inserire o meno, ma è un dato certo che tutti gli enti calcolano allo stesso identico modo.

Una semplificazione di non poco conto, tanto che i Comuni, memori delle incertezze legate alla definizione progressiva della spesa di personale secondo i commi 557 e 562 della legge 296/2006, ne escono increduli. Infatti un sindaco ha chiesto alla Corte dei conti della Lombardia se davvero la quantificazione del numeratore vada fatta come suggerito dalla circolare, soprattutto per quanto riguarda le spese delle convenzioni. I magistrati contabili, nella deliberazione in esame, ricordano innanzitutto che una circolare non ha «cogenza» nella gerarchia delle fonti e approcciano la questione basandosi sui principi contabili fissati dal Dlgs 118/2011, per i quali deve prevalere una lettura sostanziale. Secondo la delibera, di fatto, nelle convenzioni dovrà essere considerata spesa di personale, dal Comune capofila come anche dagli altri Comuni, tutto ciò che attiene, nella sostanza, all'assunzione del personale stesso. Analogamente per tutte le voci di spesa o per le possibili esclusioni, dove la Corte dei conti lombarda sostiene che le norme assunzionali del vecchio sistema, che non sono state abrogate dalle nuove disposizioni introdotte dall'articolo 33, comma 2, del Dl 34/2019, vanno con esse armonizzate. Spetta cioè all'ente motivare adeguatamente, assumendosene ogni responsabilità, l'inclusione (o l'esclusione) di voci che, per loro natura, presentino eventuali ambiguità, sulla base del richiamato principio contabile.

Neanche questa volta, quindi, gli operatori avranno informazioni certe e definitive sulla quantificazione dei propri parametri di riferimento per le assunzioni.

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