Amministratori

Attività commerciali incompatibili con le aree di Prg per attrezzature di interesse collettivo

Se il Piano destina una zona ad attività di interesse collettivo, tipizzandola come "F"

di Pippo Sciscioli

Le attività commerciali sono incompatibili con le zone di Prg destinate ad attrezzature di interesse collettivo, quali attività sportive, socio-assistenziali , educative, che riflettono la destinazione di interventi in favore della collettività e per il benessere sia se realizzate dalla Pubblica amministrazione o a cura di operatori privati.

Le attività commerciali invece riflettono una dimensione imprenditoriale, strettamente privatistica, e devono essere allocate in parti del territorio vocate alla residenza o alle attività produttive.

La sentenza n. 7695/2022 del Consiglio di Stato ritorna su una delicata questione, abbondantemente sviscerata dalla giurisprudenza amministrativa, relativa al rapporto fra pianificazione urbanistica e attività commerciali e produttive in genere.

Sulla questione da tempo è intervenuta l'impetuosa ondata liberalizzatrice del diritto Ue che ha propugnato con nettezza la liberta di concorrenza e di fare impresa che, tuttavia, non è illimitata.

Nel senso che se è vero che il Prg comunale deve favorire la libera affermazione della capacità imprenditoriale nelle sue variegate tipologie e non ostacolarla, tenendo conto della dinamicità del mercato e alla luce del principio della sussidiarietà orizzontale, è anche vero che, non per questo, può stravolgere i canoni fondamentali della pianificazione urbanistica di cui al Dm 1444/1968.

Infatti l'articolo 31, comma 2 del Dl 201/2011 prevede espressamente che «secondo la disciplina dell'Unione Europea e nazionale in materia di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi, costituisce principio generale dell'ordinamento nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell'ambiente, ivi incluso l'ambiente urbano, e dei beni culturali».

Proprio la tutela dell'ambiente urbano, finalizzato ad assicurare ordine e razionalità all'assetto del territorio, può costituire un limite alla liberalizzazione delle attività commerciali nell'ottica del giusto contemperamento fra due valori entrambi protetti costituzionalmente.

Ne consegue che se il Prg destina una zona ad attività di interesse collettivo, tipizzandola come "F" in base al Dm 1444/1968, questa è vocata a ospitare esclusivamente attività destinate alla comunità e al suo benessere come quelle sportive, culturali, sociali, ecc e non anche quelle eminentemente imprenditoriali.

La sentenza di Palazzo Spada ha risolto in favore del Comune una controversia con un privato che intendeva avviare un'attività di esercizio di vicinato in un locale sito in zona di Prg per attrezzature e servizi per il tempo libero e lo sport, previo cambio di destinazione d'uso. Il Comune aveva opposto il diniego proprio con riferimento alla non conforme tipizzazione dello strumento urbanistico, sul presupposto appunto che il commercio non è ammissibile zona F.

Secondo i giudici amministrativi, la decisione del Comune attiene alla conformazione dell'ambiente urbano che secondo l'articolo 31 del Dl 201/2011 consente di porre giustificati vincoli alla libertà di stabilimento di un'attività commerciale. Pertanto resta integra la potestà pianificatoria comunale e nell'esercizio di tale potestà possono legittimamente essere fissati limiti insediativi di natura non economica alle attività commerciali e produttive, individuando aree del territorio inibite all'insediamento di impianti produttivi o esercizi commerciali.

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