Attività extra, dimissioni, titoli nei concorsi e prevenzione della corruzione
La rubrica settimanale con la sintesi delle novità normative e applicative sulla gestione del personale nelle Pa
La rubrica settimanale con la sintesi delle novità normative e applicative sulla gestione del personale nelle Pa.
Attività extraistituzionale in assenza di autorizzazione
Con la sentenza n. 4091/2021, il Consiglio di Stato, ha effettuato una completa ricognizione, normativa e giurisprudenziale, rispetto all'applicazione, natura e correlazione di quanto previsto dai commi 7 e 7-bis dell'articolo 53 del Dlgs 165/2001, laddove viene sancito l'obbligo del pubblico dipendente di riversare all'ente le somme percepite e, in caso di omissione, il sussistere di un'ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti.
L'irrevocabilità delle dimissioni del lavoratore
Alcuni principi fondamentali sulle dimissioni del lavoratore contenute nella sentenza della Corte di cassazione, n. 14993/2021:
• nel pubblico impiego privatizzato le dimissioni del lavoratore costituiscono atto unilaterale recettizio che produce l'effetto risolutivo del rapporto di lavoro nel momento in cui viene a conoscenza del datore di lavoro e indipendentemente dalla volontà di quest'ultimo di accettarle; quindi, per essere efficaci, le dimissioni non necessitano di alcun tipo di provvedimento datoriale di accettazione (Corte di cassazione, n. 57/2009; n. 5413/2013);
• l'amministrazione non può in alcun modo rigettare le dimissioni, ma si deve limitare, esclusivamente, ad accertare che non sussistano impedimenti legali alla risoluzione del rapporto di lavoro (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, n. 17/2000; Consiglio di Stato, n. 6790/2009);
• l'unico accertamento da condurre è che la volontà manifestata dal lavoratore sia realmente univoca, incondizionata e genuina riguardo alla decisione di porre fine al rapporto di lavoro (Corte di cassazione, n. 30126/2018).
Valutazione dei titoli nei concorsi
I titoli valutabili (con punteggio) posseduti dai partecipanti ai pubblici concorsi sono solo quelli già conseguiti e dichiarati in sede di presentazione delle domande. Sono queste le conclusioni contenute nella sentenza del Tar Sicilia, n. 1820/2021.
Questo principio, oltre che conforme alla normativa vigente, è in linea con la giurisprudenza consolidata che ha sancito il suo fondamento nella necessità di fissare una data certa che scada in epoca antecedente all'avvio delle operazioni di controllo da parte dell'amministrazione (Consiglio di Stato, n. 5843/2013).
Non si può operare distinzione tra requisiti di ammissione e titoli ulteriori, utili ai fini dell'assegnazione dei punteggi, dal momento che, da un lato, questa distinzione non è rinvenibile nella normativa vigente (nella fattispecie, neppure nel bando di concorso) e, dall'altro canto, un diverso termine di rilevanza di questi ultimi titoli si porrebbe, comunque, in contrasto con il rispetto dei principi della par condicio dei candidati e con la perentorietà dei termini di scadenza per la presentazione delle domande.
Responsabile prevenzione della corruzione e componente dell'ufficio disciplinare
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15239/2021, si è soffermata nuovamente sulla possibile partecipazione del segretario comunale, in qualità di responsabile della prevenzione della corruzione e trasparenza (Rpct), alla composizione dell'ufficio per i procedimenti disciplinari (Ups).
Per questo specifico aspetto, la Suprema Corte ha posto in evidenza questi principi, consolidati in giurisprudenza:
• «… l'articolo 41 del Dlgs n. 97/2016 che ha apportato modifiche all'articolo 1, comma 7, della legge 190/2012 innanzitutto unificando in capo a un solo soggetto l'incarico di Responsabile prevenzione della corruzione e della trasparenza e rafforzandone il ruolo attraverso l'affidamento del compito di gestire, coordinare e vigilare sulle ‘misure' di prevenzione del rischio corruttivo […] ha distinto il ruolo di detto Responsabile da quello di componente dell'Ufficio procedimento disciplinare. Si tratta, infatti, di una figura che, così come rafforzata dal legislatore del 2016 […] opera in piena autonomia verso gli organi di indirizzo o di vertice nell'assolvere i propri compiti, inibendo qualsiasi intromissione nel corretto svolgimento degli stessi, difendendo la posizione rispetto ad eventuali pressioni esterne o richieste informative sugli esiti dell'attività e dei soggetti coinvolti»;
• «… la nuova disposizione certamente postula una alterità dei due uffici ma non indica espressamente una loro incompatibilità, anzi, nel rimarcare la necessaria differenza che esiste tra ufficio del Responsabile della prevenzione della corruzione e Ufficio dei procedimenti disciplinari, non sembra escludere la possibilità che il primo sia anche componente dell'UPD»;
• «…qualora il suddetto ufficio abbia composizione collegiale, e sia distinto dalla struttura nella quale opera il dipendente sottoposto a procedimento, la terzietà dell'organo non viene meno solo perché sia composto anche dal soggetto che ha effettuato la segnalazione disciplinare (Cassazione n. 1753/2017; Cassazione n. 17582/2019)».