I temi di NT+Tributi e bilanci a cura di Anutel

Attività industriali tenute al pagamento della Tari sulle superfici nelle quali si producono rifiuti urbani

di Di Stefano Baldoni (*) - Rubrica a cura di Anutel

Le attività industriali sono tenute al pagamento della Tari, con riferimento alle superfici in cui si producono rifiuti urbani. Questo è quanto ha deciso il Tar Campania, con la sentenza n. 2928/2022.

La controversia riguarda un regolamento comunale per la disciplina della Tari, ritenuto illegittimo in quanto, a parere del ricorrente, contrastante con le previsioni di legge in materia di classificazione dei rifiuti e di applicazione del tributo alle attività industriali.

La questione fa riferimento al trattamento Tari delle attività industriali, in seguito alle norme introdotte dal Dlgs 116/2020. Quest'ultime, modificando il decreto ambientale (Dlgs 152/2006), hanno riformato la definizione di rifiuto speciale e quella di rifiuto urbano. In particolare, per quanto attiene ai rifiuti delle attività industriali, l'articolo 184 ha definito speciali i rifiuti di lavorazione industriale, se diversi da quelli urbani, mentre, l'articolo 183 ha chiarito che sono rifiuti urbani, per quanto attiene alle utenze non domestiche, quelli rientranti nell'elenco dei rifiuti compresi nell'allegato L-quater al citato decreto, prodotti dalle attività inserite nell'allegato L-quinquies del medesimo Dlgs 152/2006. Tuttavia, la lettera b-sexies dell'articolo 183 ha chiarito che non sono rifiuti urbani i rifiuti della produzione e, l'elenco L-quinquies, non comprende le attività industriali. Ciò ha portato taluni a ritenere che la norma debba avere un'interpretazione soggettiva, determinando la classificazione ope legis come speciali di tutti i rifiuti prodotti dalle attività industriali. Con conseguente non applicazione della Tari, a norma del comma 649 dell'articolo 1 della legge 147/2013 il produttore è obbligato a gestire autonomamente i rifiuti speciali prodotti. Tuttavia, questa interpretazione soggettiva non è stata condivisa dal Ministero della transizione ecologica (note 37529/2021-51657/2021) e altresì dalla giurisprudenza (Tar Sardegna, sentenza 893/2021), i quali hanno ritenuto che la norma debba avere invece una lettura oggettiva.

In altri termini, non tutti i rifiuti prodotti dalle attività industriali sono speciali, ma solo quelli che non rientrano nella definizione di rifiuto urbano. Con conseguente applicazione del tributo con riferimento a tutte le superfici nelle quali, per la loro destinazione, si producono rifiuti urbani (come uffici, mense, spacci, eccetera). Di questo avviso è anche il Tar della Campania che, scrutinando un regolamento comunale nel quale è evidenziata la possibilità di assoggettare a Tari anche le attività industriali per la produzione di rifiuti urbani, ha affermato che quest'ultimi «possono essere generati anche all'interno dei capannoni nei quali si esercita l'attività industriale e dal cui processo deriva certamente la produzione di rifiuti speciali, senza che ciò possa escludere in via assoluta anche il prodursi di rifiuti urbani». Il Tar campano ha ritenuto corretta la disposizione comunale che prevede il versamento della Tari anche per le superfici industriali, ma solo ove nelle stesse si producano rifiuti urbani e non speciali.

L'esclusione dal pagamento del tributo, ad avviso del Tar, è individuabile non nella tipologia delle aree, le quali sono utili solo per presumere, salvo prova contraria, la mancata produzione di rifiuti urbani, ma anche dal fatto che questi ultimi, nella sostanza, non sono affatto generati.

La posizione del Tar sembra quindi andare oltre la pronuncia ministeriale che, invece, ritiene comunque escluse dalla Tari le superfici di lavorazione industriale (e i magazzini funzionalmente ed esclusivamente collegati al reparto produttivo, destinate ad accogliere materie prime e/o merci del medesimo processo produttivo), in quanto i rifiuti nelle stesse prodotti sono sempre speciali, alla luce delle norme dell'articolo 183, comma 1, lettera b-sexies del Dlgs 152/2006 e dell'allegato L-quinquies del medesimo decreto. Mentre restano soggetti i locali con destinazioni diverse, pur se utilizzati da attività industriali. La posizione del Tar sembra dunque valorizzare la tesi in base alla quale, con la nuova definizione dei rifiuti, nulla cambia in sostanza rispetto al passato per le attività industriali. Quest'ultime potranno beneficiare della detassazione delle superfici utilizzate solo laddove dimostrino che nelle stesse si producono in via continuativa e prevalente rifiuti speciali, così come definiti dall'elenco L-quater, valorizzando la previsione dell'articolo 184 del Dlgs 152/2006 che non definisce tout cour i rifiuti della lavorazione industriale come speciali, ma solo in quanto "diversi dai rifiuti urbani".

È il caso di evidenziare che, in ogni caso, l'onere probatorio grava sul contribuente, tenuto a dimostrare la produzione "continuativa e prevalente" di rifiuti speciali, oltre che l'avvenuta gestione dei predetti rifiuti da parte dello stesso.

(*) Vice presidente Anutel

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