Personale

Aumenti fino a 2.449 euro all’anno per le indennità dei ministeriali

Pronto il Dpcm che adegua gli stipendi per ridurre le distanze fra le Pa

di Gianni Trovati

Non di soli contratti vivono le buste paga dei dipendenti pubblici. In quelle dei ministeriali, già in attesa degli aumenti medi da quasi 1.400 euro lordi all’anno (e dei 1.800 euro una tantum di arretrati) portati dal contratto 2019/2021 firmato il 5 gennaio all’Aran, stanno per arrivare altri 430 milioni sotto forma di adeguamento delle indennità di amministrazione.

Il decreto di Palazzo Chigi ultimato fra ministero dell’Economia e Funzione pubblica che NT+ Enti locali & edilizia è in grado di anticipare, ora pronto per gli ultimi passaggi procedurali, scongela una serie di somme messe a disposizione dalla legge di bilancio 2020 e completate in vari provvedimenti degli ultimi tre anni per la «perequazione» di queste indennità di amministrazione, una voce che puntella gli stipendi dei dipendenti ministeriali in vario modo. Anzi, in modo troppo vario: tanto che appunto si è lavorato a una «perequazione» con l’obiettivo di accorciare le distanze retributive che separano ministero da ministero per ragioni legate alle storie di ogni amministrazione più che alle reali differenze di compiti e responsabilità.

Come ogni perequazione, anche quella scritta nelle 6 tabelle allegate al provvedimento porta notizie migliori a chi sta peggio: così in un gruppone di ministeri che abbraccia Salute, Esteri, Istruzione, Università, Lavoro e Politiche agricole l'aumento arriva a 2.449 euro lordi all’anno nell’area terza, quella dei funzionari, viaggia poco sotto i 1.800 euro nell’area seconda e poco sopra i 1.500 nella prima. Uno scalino più in basso si colloca il ministero dello Sviluppo economico, dove la perequazione offre fino a 1.890 euro ai funzionari, quasi 1.500 euro in area seconda e 1.258 in area prima, con cifre di poco superiori a quelle indirizzate al Viminale. Decisamente più povera è la novità prevista per il ministero dell’Economia, dove ci si ferma a 244 euro nei livelli gerarchici più bassi e si arriva a 418 euro in quelli più alti, con cifre analoghe a quelle previste per il ministero della Giustizia.

Come accade per i rinnovi contrattuali in cronico ritardo, anche per le indennità di amministrazione l’attesa è stata lunga. Ma viene ora compensata con una vivacità retributiva che non ha paragoni in nessuna area del lavoro dipendente. Per un funzionario medio (area terza, posizione F4) di uno dei ministeri più beneficiati dal Dpcm, l’incrocio di contratti e adeguamenti dell’indennità di amministrazione porterà aumenti mensili vicini ai 300 euro lordi e quasi 6mila euro di arretrati.

Ma la «perequazione» riguarderà i dirigenti, con un meccanismo analogo che poggia però sui fondi che ogni amministrazione deve dedicare alla retribuzione «di posizione» e «di risultato». Anche in questo caso le cifre sono inversamente proporzionali alla fortuna retributiva maturata fin qui, con un totale che ovviamente dipende anche dalla platea del personale interessato. L’incrocio di questi due fattori spinge in cima alla graduatoria il ministero della Giustizia, che vede aumentare il fondo per i dirigenti di 4 milioni di euro, seguito da Viminale (2,4 milioni) e ministero dell’Economia (1,4 milioni). Pochi spiccioli invece per Politiche agricole, Transizione ecologica e Turismo, che non arrivano a 100mila euro ciascuno.

Buone notizie per tutti, insomma. O quasi. Perché il decreto si disinteressa di Anpal e Ispettorato nazionale del Lavoro. «Esclusione inopinata», lamenta la Flp, ricordando che le due strutture nascono come articolazioni del ministero del Lavoro.

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