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Autonomia, governo avanti - Meloni regista, no a strappi

-Arriva dalla premier il segnale chiesto dalla Lega: Ddl Calderoli al varo in Cdm anche prima delle regionali. Cronoprogramma su presidenzialismo e Roma Capitale

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di Barbara Fiammeri

A premere di più per il vertice svoltosi ieri a Palazzo Chigi sulle riforme era stata la Lega. A venti giorni dalle elezioni in Lombardia il partito del Carroccio aveva bisogno di dare un segnale sull’Autonomia che investisse le alte sfere del governo a partire dalla premier, Giorgia Meloni, presente all’incontro assieme ai suoi due vice, Tajani e Salvini, ai ministri Lollobrigida, Fitto, Calderoli e Casellati e al sottosgretario alla presidenza Alfredo Mantovano. Il segnale alla fine è arrivato. Sull’autonomia differenziata «si è definito il percorso tecnico e politico per arrivare, in una delle prossime sedute del Consiglio dei ministri, all’approvazione preliminare del disegno di legge», recita la nota diffusa da Palazzo Chigi al termine della riunione dove si sottolinea la «grande sintonia» tra i partecipanti rispetto «al programma della coalizione». Ed è assai probabile che il Cdm che darà il via libera al Ddl arriverà a pochi giorni dal voto del 12 e 13 febbraio. Al tavolo si è stabilito, inoltre - si legge sempre nel comunicato - « di definire il cronoprogramma sullo status di Roma Capitale e sulla riforma in senso presidenziale dello Stato» su cui la ministra Casellati si sta confrontando con i rappresentanti di maggioranza e da oggi anche con quelli dell’opposizione.

La Lega ha dunque ottenuto di mettere nero su bianco che quella che è da sempre la madre di tutte le riforme, l’Autonomia, possa iniziare il suo cammino parlamentare prima del presidenzialismo sul quale si sta ancora discutendo del «metodo» e che comunque, intervenendo su norme di rango costituzionale, impone un iter parlamentare più complesso e lungo. Il gol messo a segno dal Carroccio va però contestualizzato e interpretato. Il contesto come abbiamo già detto è quello pre-elettorale. Quanto all’interpretazione : annunciare l’imminente approvazione del Ddl da parte del Consiglio è il massimo che Meloni poteva concedere a Salvini. Tutti sono consapevoli che una volta sbarcato in Parlamento il disegno di legge dovrà affrontare un percorso che definire a ostacoli è un eufemismo (basti pensare al legame con i Lep e alla richiesta di Fi del fondo di solidarietà per il Sud).

Molto più in discesa potrebbe invece essere la strada per Roma Capitale . Il Lazio del resto è l’altra Regione in cui si vota tra meno di un mese e dove il partito della premier conta di salire ulteriormente rispetto al 31% ottenuto alle politiche del settembre scorso. Non solo: avere una Giunta di centrodestra alla Regione certamente rende ancora più agevole il cammino. È probabile così che proprio Roma Capitale possa diventare la prima riforma a tagliare il traguardo, visto che tra l’altro il Parlamento se ne occupa da tempo. Molto più farraginosa è la strada invece delle altre due grandi riforme. «Obiettivo del Governo è mantenere gli impegni presi con i cittadini nel più breve tempo possibile, col più ampio coinvolgimento del Parlamento e delle forze politiche», è il messaggio veicolato da Palazzo Chigi. Meloni si è spesa in prima persona. Il vertice è stato per la premier anche l’occasione per chiedere la massima collaborazione evitando inutili e controproducenti fughe in avanti. Una riflessione che chiama in causa le dichiarazioni e soprattutto alcune iniziative, come la «bozza» sull’autonomia presentata da Calderoli alle Regioni senza confrontarsi nel Governo e sulla quale sono già al lavoro i funzionari del legislativo di Palazzo Chigi. Soprattutto per rimarcare il ruolo del Parlamento che, nelle intenzioni dei vertici dell’esecutivo, è imprescindibile per definire i Lep, i Livelli essenziali di prestazione, cruciali per non aumentare ulteriormente la distanza tra Nord e Sud.

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