Il CommentoAmministratori

Autonomia, spuntare in Parlamento la migliore perequazione a copertura del 100% dei Lep

di Ettore Jorio

Per traversare dalla disperazione alla speranza occorre passare necessariamente per l'attuazione pratica del principio della responsabilità. Ciò perché non basta pensare bene se poi si agisce diversamente. Così come non è sufficiente credere in un domani migliore senza pagare alcun ticket a fronte del cambiamento reale. Insomma, la disperazione sociale cede il passo in favore della speranza collettiva solo attraverso un iter alimentato dal senso di responsabilità.

Condizioni insopportabili da riparare
Lo stato in cui è ridotto il Paese è in gran parte determinato da una disperata precarietà istituzionale. Essa è causa delle condizioni di vita, a volte vergognose, in cui vive la Nazione, specie nel segmento più povero, desiderosa del necessario. Finanche del posto letto che non trova. Un siffatto fenomeno è avvertito indistintamente, tanto è angosciante il livello di funzionamento del sistema politico-istituzionale percepito in una larga fascia geografica. Lo spessore dell'avvilimento è in crescita progressiva, tanto da cancellare la speranza persino dall'orizzonte.
Sono sempre di meno quelli che credono nell'uscita dal baratro in cui la comunità nazionale è costretta a vivere, con un indebitamento del quale è difficile supporre una uscita. Sono in tantissimi quelli che si sentono reclusi in un girone dell'inferno, più specificatamente di quelli senza futuro.
Ebbene, così come in tutti i problemi, c'è la necessità di individuare e delineare le strategie per affrontarli e risolverli. Così come si fa con l'approccio alla matematica è necessario scrutinare le formule, sia quelle dirette che quelle inverse.
I problemi di vita quotidiana della collettività sono di competenza della politica che, allorquando si candida a occupare democraticamente le istituzioni, deve assumersi la responsabilità di risolverli attraverso il buon governo. Scegliere i migliori - che se poi tali non dimostrano di essere devono essere dalla stessa (e non solo) sanzionati e non protetti - è pertanto il suo principale compito.

La responsabilità è la ricetta
Con l'applicazione di un tale siffatto semplice principio di responsabilità, si eviterà - da una parte - di ritrovare sempre gli stessi incapaci nelle prime file dei ricorrenti giri di boa elettorali e - dall'altra - si registrerà il rinnovo della classe dirigente, nel senso di renderla funzionale a risolvere i problemi reali che la gente soffre e non più delegata a nascondere i peccati dei predecessori. Il tutto allo scopo di evitare una altrimenti verosimile apocalisse istituzionale. Ciò allo scopo di trasformare la speranza motivata, da azionista di riferimento della comunità, in antidoto alla disperazione. Dunque, senza l'assoluta prevalenza del principio della responsabilità, residente nell'itinerario che porta dalla disperazione alla speranza non accadrà nulla di positivo per il Paese. Senza l'estrinsecazione di un siffatto principio, senza la sua concretizzazione, rimarremmo tutti più disperati del giorno prima.
Di conseguenza, va rinnovato il sistema di generazione di una nuova rete istituzionale, in ossequio ai seguenti criteri: senso di responsabilità dei partiti a scegliere i candidati; dei cittadini ad eleggerli; della attività di verifica e controllo a individuare e sanzionare amministrativamente gli incapaci; del giudice contabile ad individuare le consuete inosservanze alle regole; della magistratura ad "espellerli".
La scansione delle anzidette tre categorie, quasi filosofiche, del principio di responsabilità (Jonas), della disperazione (Anders) e della speranza (Bloch) - con il primo che dissolve la seconda portando a realtà vissuta la terza - riconduce al risultato preteso dalla Costituzione. Per l'appunto, la Carta scritta per uscire dalla disperazione, pensata per assicurare speranza alla Nazione messa a punto sulla declinazione del principio di responsabilità.

L'asimmetria legislativa come strumento ma non come regola
Quanto a pretese attuali della politica che governa (che ripropone quanto dissentito dalla minoranza che tuttavia ne ha, a suo tempo, imposto i criteri costituzionali e attuativi con i Ddl Boccia e Gelmini), la Carta ne comprende una: di concedere alle Regioni a statuto ordinario di incrementare la propria competenza legislativa. Una norma costituzionale che introduce il concetto di federalismo a geometria variabile. Non solo, la stessa esige altri due step, propedeutici ed essenziali a garantire soddisfazione alla prima delle pretese: la definizione dei Lep per materia afferenti ai diritti civili e sociali; l'applicazione del federalismo fiscale.
Quanto alla prima, lo fa scandendo l'opzione all'articolo 116, attraverso una procedura garantista dell'unità sostanziale della Repubblica. Lo fa nella stessa logica che previde l'esistenza nel 1946 della configurazione di cinque Regioni a statuto speciale che tanto fanno in tal senso da oltre 75 anni, indisturbate da una politica che le tollera solo perché ha paura elettorale di contestarne l'esistenza, nonostante la loro inattualità generalizzata.
Dunque, tra regionalismo sbagliato e federalismo amministrativo - Ddl attuativi della autonomia legislativa differenziata in embrione; voglia di individuazione (finalmente) dei Lep, spesso dimenticando però che nella sanità esistono da 22 anni sotto l'acronimo di Lea; messa a terra della metodologia sancita dal federalismo fiscale - ci sarebbe bisogno di un serio approfondimento. Meglio, di un ragionamento coordinato volto a capire cosa correggere di ciò che abbiamo sotto le mani, piuttosto che buttare insieme all'acqua anche il bambino. Si lavori pertanto sul Ddl Calderoli, tanto da nutrirlo con saggi e ragionevoli emendamenti. Questo sarebbe il modo per spuntare in Parlamento la migliore perequazione, sia ordinaria che infrastrutturale, a copertura del 100% dei Lep.
Si faccia buona guardia a che la istituita Cabina di regia governativa sforni puntualmente, entro il 31 dicembre prossimo, i Lep per ogni materia, pretendibile dalle Regioni, e determini i costi e i fabbisogni standard per sostenerli.
Su tutto, si eviti di fare lotta politica sulla Costituzione e, per una volta tanto, dopo 22 anni, di manifestare irripetibili contraddizioni tra ciò che si è fatto ieri e quanto si predica oggi.
Si lavori perché la speranza torni a essere il prologo delle soluzioni. Ciò per incentivare la concretizzazione del principio della responsabilità: nel decidere oggi e nel governare domani le Regioni e gli enti locali nella conduzione della spesa pubblica.
Da qui, la irrinunciabile esigenza collettiva di arrivare, attraverso l'esigibilità dei Lep, ostentati dalla politica da 22 anni senza concretizzarli, al godimento del Lepd, ovverosia ai livelli essenziali di percezione dei diritti.