Amministratori

Aziende speciali, compenso agli amministratori se la Asp non usufruisce di contributi pubblici

La Corte dei conti della Toscana conferma la linea interpretativa tracciata dalla Sezione delle Autonomie

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di Stefano Pozzoli

Se chi scrive dovesse esprimere un desiderio a Babbo Natale, ovviamente nel limitato contesto delle norme di finanza pubblica riguardanti gli organismi partecipati, chiederebbe senza dubbio l'abrogazione delle disposizioni in materia di compensi agli amministratori. Davvero si fa fatica a comprendere perché, in una società pubblica, un amministratore debba ricevere un compenso inferiore a quello dei propri dipendenti ed ancora meno si capisce perché mai un amministratore di una azienda speciale sia costretto svolgere l'attività gratuitamente.

Il Comune di Massa, a quest'ultimo proposito, torna sul tema chiedendo alla Sezione di controllo per la Toscana della Corte dei conti se «sia possibile riconoscere, ai membri del Consiglio di Amministrazione di un'Azienda pubblica di Servizi alla Persona (ASP ex IPAB) un compenso».

La Sezione, con la delibera n. 87/2020, ricorda, anzitutto, la sentenza della Corte costituzionale n. 161/2012, che ha dichiarato illegittime alcune norme regionali che prevedevano la corresponsione di un'indennità a favore del Presidente e dei membri del Cda di una (costituenda) Asp, in quanto in contrasto con il principio di coordinamento della finanza pubblica espresso dall'articolo 6, comma 2, del Dl 78/2010, per il quale la partecipazione agli organi collegiali degli enti «che comunque ricevono contributi a carico della finanza pubblica» è onorifica. Secondo la Corte costituzionale, infatti, «nella locuzione generale di enti "che comunque ricevono contributi a carico delle finanze pubbliche" rientrano non solo quelli che ricevono erogazioni finanziarie, bensì tutti quelli che ricevono qualunque beneficio in risorse pubbliche, in grado di incrementare le componenti attive del bilancio dell'ente destinatario o di diminuirne quelle passive. In proposito non v'è dubbio che le costituende ASP ricevano diversi cespiti di natura pubblica, sia di carattere finanziario che patrimoniale».

In linea di principio la Sezione ribadisce, dunque, «il divieto di corresponsione di compensi, anche alla luce della disciplina regionale (l.r. n. 43/2004), la quale espressamente prevede a favore delle ASP la possibilità di ricevere trasferimenti da enti pubblici e privati (art. 13) nonché di giovarsi della riduzione ovvero dell'estinzione del pagamento dei tributi comunali e provinciali di pertinenza (art. 31). (…) Si richiamano a tale proposito le conformi delibere nn. 29 e 40 del 2018 di questa Sezione».

La Sezione, però, deve prendere atto di quanto affermato dalla Sezione delle Autonomie nella deliberazione n. 9/SEZAUT/2019/QMIG, alla quale è tenuta a conformarsi, secondo la quale «Il parametro individuato dalla Sezione delle autonomie per determinare la remunerabilità della partecipazione agli organi collegiali è quello della effettiva ricezione del contributo pubblico da parte dell'Azienda speciale. Secondo la Sezione, pertanto, il principio della gratuità degli incarichi dei componenti del consiglio di amministrazione, in base all'articolo 6, andrebbe affermato allorché l'azienda speciale "viva" effettivamente delle risorse dell'ente locale, ricevendone in concreto contributi; allorché invece essa non abbia di fatto usufruito di contributi a carico delle finanze pubbliche, è ammissibile la corresponsione di un compenso ai componenti del consiglio di amministrazione» e che la nozione di contributi a carico delle finanze pubbliche non comprende il conferimento del capitale di dotazione iniziale, né le erogazioni a titolo di contratto di servizio.

In sostanza la Sezione Toscana conferma che il compenso per gli amministratori è ammissibile, ma solo a condizione che si verifichi, in concreto, che la singola Asp non usufruisce di contributi a carico delle finanze pubbliche.

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