Imprese

Banda larga, imprese a caccia di 13mila persone per i cantieri

Le figure che mancano: escavatoristi, autisti, operai generici e capisquadra. L'ipotesi al vaglio della rete di imprese Anie è cercare addetti nei paesi extra Ue

di Cristina Casadei

Se i cinque bandi per cablare il paese, sostenuti con i fondi del Pnrr, sono stati chiusi in meno di un anno, adesso è il momento di mettere letteralmente a terra i 5,5 miliardi di investimenti che prevedono. Nel senso che servono escavatoristi, operai generici, autisti e caposquadra per iniziare le opere civili di scavo. Ma non si trovano. Le imprese del settore, riunite nel gruppo System integrator Tlc di Anie, stanno così ipotizzando di portare una parte consistente di lavoratori dai paesi extra Ue. Un'operazione meno semplice di quanto si pensi perché ci vogliono quasi 20mila persone (19.600 stima Anie, per la precisione). Tra 12 e 13mila saranno aggiuntive rispetto a quelle che ci sono già nelle aziende, dove è partita anche un'operazione di riqualificazione di lavoratori già presenti sulle opere civili. La corposa partita è un po' una summa di tutti i temi del nostro mercato del lavoro: il disallineamento delle competenze, la mancanza di lavoratori tout court, i tempi piuttosto lunghi per formare le persone non attive o senza competenze, la concorrenza dovuta alla partenza di numerosi cantieri che vanno da quelli del 110% a quelli delle grandi infrastrutture, i salari e la tempistica da rispettare, le opere devono infatti essere pronte entro il 2026.

In un contesto come questo, Luigi Piergiovanni, presidente del Gruppo System Integrator Tlc di Anie, coinvolge nella corsa contro il tempo delle società per trovare le persone, il ministero dello Sviluppo Economico e il ministero del Lavoro a cui dice chiaramente: «C'è un forte gap nelle risorse umane sul cammino della banda larga».Il sottosegretario dello Sviluppo economico, Anna Ascani, riconosce che oggi «per cablare il Paese abbiamo bisogno di professionalità che non ci sono» e proprio per questo «stiamo lavorando con il Ministero del Lavoro per accelerare il reclutamento delle competenze. Con il Ministero e con le regioni ci stiamo lavorando, perché c'è bisogno di formazione professionale». In un incontro svoltosi ieri a Roma, a cui hanno partecipato i manager di diverse società che si sono aggiudicate i bandi e che dovranno appaltare le opere alle imprese di rete, Anie ha spiegato in maniera approfondita sia le opere, sia i fabbisogni di risorse umane che di macchine. «Nella prima fase si tratta prevalentemente di opere civili, di scavo, movimentazione terra, copertura, che chiederanno 8.250 persone. Queste opere rappresentano il 42% del totale e sono quelle che ci preoccupano maggiormente», continua Piergiovanni. Per diverse ragioni. Innanzitutto, «parliamo di un lavoro che si fa in squadra: ogni team è formato da quattro persone, escavatorista, operaio generico, autista e caposquadra. Basta che ne manchi anche una soltanto che la squadra è a zero», osserva il manager.

Inoltre per formare questo tipo di lavoratori servono sono tempi piuttosto lunghi. Per un addetto ai mezzi specializzati si parla di 12 mesi, per un autista di 10 mesi, per un operaio generico di 6 mesi e per un caposquadra di 12 mesi. Per completare le opere entro la scadenza del 2026, «le nostre aziende devono essere a regime con le squadre entro il 2023. E quindi bisogna correre». Anche perché ci sono da risolvere altre criticità, come quelle dei mezzi dove Anie stima che non solo hanno tempi di consegna di diversi mesi, ma chiederanno investimenti per 500 milioni, visto che non tutti saranno noleggiabili. Per non parlare degli extracosti del momento: «In questa fase oltre ai tempi lunghi di approvvigionamento, gli incrementi su materiali e materie prime portano a un extra-costo del 16% per le infrastrutture di rete», dice Piergiovanni. Tornando al capitale umano, la fase attuale del mercato del lavoro non aiuta perché stiamo parlando di mestieri che non sono tra i più attrattivi per giovani e non. I cantieri però devono partire e devono farlo nei tempi giusti.

Per uscire dall'impasse le società hanno una rosa di proposte che, come ci spiega Piergiovanni, prevede diverse cose: «Accordi bilaterali con paesi extra Ue dove ricercare la manodopera che manca, la possibilità di rivedere la logica dei flussi per i contratti tlc e metalmeccanici, con finanziamenti a fondo perduto per l'accoglienza, la formazione e la messa al lavoro di risorse non formate e non produttive, ristori per i rincari della filiera, finanziamenti a fondo perduto per i mezzi e per la formazione delle persone, strumenti per ridurre l'impegno del capitale circolante, la possibilità di eseguire inserimenti di personale legati alle tempistiche del Pnrr in modo da gestire correttamente l'outplacement».

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