I temi di NT+L'ufficio del personale

Buoni pasto, orario delle posizioni organizzative, incarichi ai pensionati e indennità agli educatori

La rubrica settimanale con la sintesi delle novità normative e applicative sulla gestione del personale nelle Pa

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di Gianluca Bertagna

La rubrica settimanale con le indicazioni sintetiche delle novità normative e applicative intervenute in tema di gestione del personale nelle pubbliche amministrazioni.

Rinuncia alla pausa pranzo e buono pasto
Non ha diritto al buono pasto l'impiegato che rinuncia alla pausa pranzo per sua volontà e non per ragioni di servizio, legate a esigenze della pubblica amministrazione.
È quello che ha stabilito la Corte di cassazione lavoro con l'ordinanza n. 22985/2020, con la quale ha respinto il ricorso di una lavoratrice finalizzato a ottenere il pagamento del controvalore pecuniario di buoni pasti giornalieri non percepiti dall'amministrazione datrice di lavoro.

La Cassazione ha spiegato che il diritto alla fruizione dei buoni pasto ha natura assistenziale e non retributiva, finalizzata ad alleviare, in mancanza di un servizio mensa, il disagio di chi sia costretto, in ragione dell'orario di lavoro osservato, a mangiare fuori casa.
Tuttavia, benché nel caso in esame la prestazione della dipendente si protraesse effettivamente nel pomeriggio, per cui la stessa poteva disporre di una pausa pranzo, dagli atti di causa era emerso che la lavoratrice stessa aveva manifestato all'ente la rinuncia a fruire di detta pausa, evidentemente al fine di poter terminare anticipatamente, nel primo pomeriggio, la prestazione di lavoro. Pertanto, in mancanza di pause, non sono integrati gli estremi cui la disciplina collettiva subordina il diritto alla prestazione.

Flessibilità oraria delle posizioni organizzative
È possibile per le posizioni organizzative, fermo restando le 36 ore settimanali, articolare l'orario giornaliero in entrata e in uscita secondo le proprie necessità, quindi derogando all'orario di servizio dell'ente anche oltre la flessibilità d'orario regolamentata per la generalità del personale?
Con il parere CFL101 del 29 settembre 2020, l'Aran ha ricordato che il personale incaricato delle posizioni organizzative è tenuto a effettuare prestazioni lavorative settimanali non inferiori a 36 ore (mentre, ai sensi dell'articolo 10, comma 1, del Ccnl del 31 marzo 1999 e salvo quanto previsto dall'articolo 39, comma 2, del Ccnl del 14 settembre 2000 e dall'articolo 16 del Ccnl del 5 ottobre 2001, non sono retribuite le eventuali prestazioni ulteriori che gli interessati potrebbero aver effettuato, senza diritto a eventuali recuperi, in relazione all'incarico affidato e agli obiettivi da conseguire). Il vigente Ccnl 21 maggio 2018 non ha attribuito, però, né al datore di lavoro né al dipendente il potere o il diritto all'autogestione dell'orario settimanale, consentita, invece, al solo personale con qualifica dirigenziale. Questi criteri interpretativi sono ritenuti dall'Aran non derogabili neppure nel caso in esame, atteso che il Ccnl non ha previsto per questa fattispecie alcuna deroga alla regola generale.

Incarichi ai pensionati
Alla Corte dei conti della Sardegna è stato chiesto se il divieto di conferire incarichi a soggetti in quiescenza, stabilito dall'articolo 5, comma 9, del Dl 95/2012, trova applicazione anche nel caso di conferimento della carica di presidente o componente del consiglio di amministrazione di una società partecipata dal Comune, interamente partecipata da pubbliche amministrazioni, qualora l'incarico sia conferito a un soggetto che seppure in quiescenza svolga una libera professione con regolare iscrizione al relativo albo professionale. Con la deliberazione n. 90/2020/PAR i magistrati contabili hanno affermato che l'espressione «soggetti in quiescenza» contenuta nella disposizione richiamata, consente di includere nel novero dei soggetti a cui è preclusa l'assunzione degli incarichi previsti dall'articolo 5, comma 9, del Dl 95/2012 non solo i dipendenti pubblici in quiescenza ma anche i lavoratori privati in quiescenza, siano quest'ultimi dipendenti o autonomi. Questo divieto, quindi, abbraccia non solo gli ex dipendenti dell'ente, ma tutti i lavoratori (dipendenti, lavoratori autonomi) privati o pubblici (quindi, a prescindere dalla natura dell'ex datore di lavoro) in quiescenza.

Emergenza epidemiologica Covid-19 e indennità personale educativo
Un ente ha chiesto all'Aran se al personale delle scuole materne e degli asili nido, che durante lo stato di emergenza epidemiologica non abbia svolto regolarmente l'attività educativa e di insegnamento, spettino le indennità previste dall'articolo 31, comma 7 del Ccnl del 14 settembre 2000 e dall'articolo 37, comma 2 del Ccnl del 6 luglio 1995.
Con il parere CFL94 del 28 settembre 2020, l'agenzia ha sottolineato che la previsione dell'articolo 37, comma 3, del Ccnl del 6 luglio 1995 («Le indennità previste alle lettere c) d) ed e) del comma 1 e al comma 2 competono solo al personale che svolga esclusivamente e permanente attività educativa e di insegnamento») deve essere interpretata nel senso di circoscrivere l'attribuzione dei particolari trattamenti economici ivi richiamati al solo personale che, inquadrato nei profili di educatore di asili nido o di insegnante delle scuole materne ed elementari, eccetera, secondo le previsioni dell'allegato A al Ccnl del 31 marzo 1999, svolga esclusivamente e permanentemente attività educativa e di insegnamento, nell'ambito del proprio rapporto di lavoro con l'ente.

Secondo l'Aran, del resto, il senso della disposizione del citato articolo 37, comma 3, sarebbe di evitare che l'indennità in questione possa essere attribuita anche a personale che non svolga «attività educativa» o di «insegnamento», pur risultando, formalmente, in possesso del profilo di «educatore di asilo nido» o di «insegnante». In sostanza, come emerge dalla disciplina contrattuale, si tratterebbe di indennità che si collegano alla specifica professionalità posseduta dal dipendente e che sono erogate solo nel caso dell'effettivo ed esclusivo svolgimento delle attività e delle specifiche mansioni proprie dei profili professionali dell'educatore e dell'insegnante. Pertanto, esse non possono essere riconosciute ove manchino le condizioni legittimanti previste dalla disciplina contrattuale.