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Caccia ai prof che mancano - Il governo contro il Piemonte

di M.Lud.

Caccia agli insegnanti che mancano. La priorità dei dirigenti scolastici, insieme a tutto il meccanismo di protezione e prevenzione Covid-19, è riempire le cattedre mancanti. Il sistema da sempre è farraginoso, le carenze sono stimate in oltre 100mila insegnanti in tutta Italia. E in assenza di un concorso a cattedra l’emergenza si ripete puntuale. Spiega Cristina Costarelli, liceo scientifico Newton di Roma: «Attendiamo le nomine annuali dall’Atp, l'ambito territoriale provinciale; esaurita questa fase, gli istituti chiamano gli insegnanti in base alle proprie graduatorie».

Il sistema, tuttavia, nel funzionamento pratico è molto più complicato, trasferimenti improvvisi o attese e lungaggini possono diventare la regola. Sempre che non arrivino annullamenti delle graduatorie ufficiali per qualche ricorso al Tar (tribunale amministrativo regionale).

A Roma - ma non solo - c’è poi un fenomeno diffuso di assembramenti di genitori davanti agli ingressi delle scuole. Così rilevante da costringere la rappresentanza dei presidi a scrivere alle autorità locali. «Il presidente dell’Associazione nazionale presidi Lazio, Mario Rusconi - rileva la preside Costarelli - ha inviato una lettera al sindaco Virginia Raggi, al prefetto Matteo Piantedosi, alla Citta metropolitana e per conoscenza all'Ufficio scolastico regionale, per stigmatizzare una situazione ripetuta e rischiosa. Prevedibile - sottolinea la preside - tanto che avevo già da giorni inviato le segnalazioni alle autorità». Il paradosso è evidente: si notano file ordinate di studenti uscire o entrare negli istituti con tutte le regole assicurate dal personale scolastico ma, soprattutto all’uscita, finire in una specie di bolgia confusa di genitori, auto parcheggiate in doppia e tripla fila, distanziamenti come se non esistessero.

Sul piano nazionale va poi registrata la decisione del ministro dell’Istruzione, Lucia Azzolina, di impugnare - insieme al collega alla Salute, Roberto Speranza - al Tar l’ordinanza della regione Piemonte per obbligare le scuole a controllare la temperatura degli studenti. Iniziativa «intempestiva e inopportuna» secondo il ministro. «La difenderemo con forza» replica il governatore Alberto Cirio.

Secondo la titolare del dicastero «si crea solo confusione. Il ministero ha detto che le temperature vanno prese a casa perché non è giusto che studenti contagiati utilizzino i mezzi di trasporto per arrivare a scuola. Non si può a quattro giorni dall’apertura - rimarca l’Azzolina - cambiare le regole del gioco». Cirio ribatte come la disposizione regionale non sia in contrasto con le indicazioni nazionali e le scuole piemontesi, a suo avviso, la stanno applicando «senza particolare difficoltà». Ma il presidente dei Sistemi 118 Mario Balzanelli ieri a Roma ha osservato come La misurazione dei parametri vitali, dalla temperatura alla saturazione del sangue, non sono compiti da delegare ai genitori degli studenti prima di mandarli in classe.

Ieri sulla scuola è ritornato il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, in visita privata a Norcia. «Se perderemo questa sfida avrete il diritto di mandarci a casa». «Siamo consapevoli delle criticità e abbiamo lavorato tanto e continueremo a farlo per superarle mano a mano che si presenteranno». Conte ha visitato la nuova scuola superiore temporanea “De Gasperi-Battaglia”: si era occupato in prima persona del progetto dopo che a inizio anno, prima del lockdown, la preside Rosella Tonti, insieme a una delegazione di alunni e docenti, era andata Palazzo Chigi per protestare sulla lentezza dei lavori.

La ministra delle Infrastrutture Paola De Micheli ha sostenuto che il sistema dei trasporti ha ben funzionato e che nei prossimi giorni il governo continuerà a vigilare con attenzione «anche in previsione di una graduale crescita della domanda di mobilità». Il leader della Lega Matteo Salvini attacca invece il ministro Azzolina e preannuncia la presentazione di una mozione di sfiducia «perché ci sono ragazzi che studiano per terra e bambini disabili che devono stare a casa».

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