Amministratori

Cap holding, 40 milioni per i rifiuti di Busto

Piano per trasformare l’inceneritore lombardo in un termovalorizzatore

di Sara Monaci

Parte ufficialmente il recupero dell’inceneritore di Busto Arsizio, uno dei 13 della Lombardia, che serve l’Alto Milanese e il Sud della provincia di Varese. Il gruppo Cap holding (la multiutility della provincia di Milano, Monza e Brianza, Pavia, Varese e Como), Amga e Agesp (le società pubbliche dei rifiuti di Legnano e Busto Arsizio) hanno dato vita ad una newco, Neutalia, che prevede un piano di investimenti di medio periodo di circa 40 milioni, con l’obiettivo di ripristinare l’attività, innovare la struttura trasformando l’inceneritore in un termovalorizzatore - in grado cioè non solo di bruciare rifiuti ma anche di trasformarli in energia per il territorio - e in prospettiva, dal punto di vista burocratico, creare anche una nuova stazione appaltante per realizzare acquisti e bandi delle tre società in modo più snello. «Abbiamo intenzione di trasformare un impianto che oggi è solo un inceneritore in un polo di economia circolare, integrando servizio idrico e gestione ambientale, ha commentato Alessandro Russo - presidente e ad di Gruppo Cap - Si tratta di un vero e proprio cambio di paradigma, con l’obiettivo della carbon neutrality».

La nuova società, che verrà presieduta da Michele Falcone (in rappresentanza del gruppo Cap), presenterà ad aprile il primo piano industriale con una disponibilità di liquidità immediata da 8,3 milioni, da usare per migliorare una turbina e acquistarne una nuova. La società si accollerà i debiti residui di 8 milioni circa della società di gestione precedente, in stato fallimentare.

L’inceneritore brucia una media di 100mila tonnellate all’ anno di rifiuti, con un fatturato medio di 13 milioni. La sua storia è caratterizzata da assenza di investimenti e manutenzione, fino ad arrivare ad un incendio che nel 2020 ha rovinato le turbine. La società di gestione precedente Accam ha di fatto chiuso la sua attività con una passività di 38 milioni (in parte rinegoziati) e un’ esposizione debitoria di circa dieci. Da otto anni l’impianto è in attesa di investimenti. Nel 2013 c’era un piano da 40 milioni per “revamparlo”, ma il progetto non è mai stato aggiudicato. Nel 2014 comparve l’ipotesi di una newco per un termovalorizzatore, ma la cittadinanza non lo volle e l’amministrazione rinunciò. Nel 2017 vennero solo ridotte le “linee dei fumi”, per 4 milioni di investimenti, ma l’impianto ha continuato a bloccarsi (con perdite da 1,5 milioni di euro in 2 anni). Gli amministratori di Accam prepararono infine un piano di investimenti da 10 milioni dal 2019 al 2027, ma proprio nel 2019 sono stati arrestati i vertici della società, coinvolti nell’inchiesta giudiziaria della procura di Milano “Mensa dei poveri”. Ora si riparte con la nuova società, che lavorerà in regime in-house, con il controllo indiretto (tramite le partecipate) di 27 comuni.

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