Imprese

Caro-materiali, i costruttori europei invocano l'intervento di Bruxelles

In Italia aumentato del 110% il prezzo del tondo per cemento armato. Lettera alla Commissione Ue per chiedere un'azione comune

di Mauro Salerno

Non bastano le politiche nazionali, su cui in Italia peraltro al momento tutto tace. Per far fronte all'impatto dell'impennata dei prezzi dei materiali sul settore delle costruzioni ( e non solo) serve un intervento della Commissione europea, per sollecitare l'azione dei singoli Paese ancora inerti e soprattutto per di dare un indirizzo comune sulle soluzioni da mettere in campo prima che sia troppo tardi.

L'allarme e la richiesta di intervento arrivano dalla Federazione dei costruttori europei. Preoccupate dalla piega che stanno prendendo le cose sui singoli mercati nazionali le imprese rappresentate dalla Fiec hanno preso carta e penna, chiamando in causa il presidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis, la vicepresidente e commissaria alla Concorrenza Margrethe Vestager e il commissario al mercato interno Thierry Breton.

Il dato di partenza è che l'impennata dei prezzi ancora non ha subito rallentamenti. Il prezzo del tondino per cemento armato, segnalano i costruttori, è cresciuto del 110% tra novembre 2020 e marzo 2021 in Italia, il Paese che ha subito i rincari maggiori. Ma impennate superiori al 70% sono state osservate anche in Francia e Germania e del 64% in Spagna. Il prezzo del bitume è salito del 15% tra novembre e febbraio. In Italia il costo del cemento è aumentato di circa il 10% solo a gennaio mentre il legno ha evidenziato un rimbalzo del 20 per cento. E non finisce qui. Nello stesso periodo (novembre-febbraio) il prezzo del polietilene (plastiche) ha subito un incremento di circa il 40%, il rame del 17 per cento, petrolio e derivati del 34 per cento. Rincari che hanno messo in agitazione le imprese incapaci di ribaltare a valle gli aumenti di costo subiti a monte.

Oltre agli aumenti di prezzo, le aziende registrano ritardi nella consegna dei prodotti, mentre i fornitori sono spesso riluttanti ad accettare una scadenza di consegna specifica. «Con le condizioni di mercato in continua evoluzione - scrive la Fiec - ciò significa che i fornitori non sono quindi in grado di specificare un prezzo di consegna finale per i materiali di base. Di conseguenza, le società di costruzioni non possono confermare il prezzo finale per i loro lavori e servizi».

I costruttori si soffermano sull'impatto che il caro-materiali ha nel settore degli appalti pubblici, dove «raramente si tiene conto degli aumenti di prezzo una volta che i lavori sono già iniziati», perchè «i contratti escludono clausole di revisione dei prezzi o sono applicati in modo inadeguato, o applicati troppo tardi nell'esecuzione del contratto, la cui durata può essere di molti anni». Ma segnalano anche i rischi di aumento dell'inflazione «che potrebbe inavvertitamente ostacolare i progetti previsti nei piani nazionali di ripresa».

Ai singoli stati europei la Fiec chiede di attuare «meccanismi di revisione prezzi ragionevoli». Per i costruttori, però, non si tratta di questione da affrontare solo al livello nazionale, soprattutto perché sono in ballo gli investimenti di Next generation Eu.

Di qui la richiesta alla Commissione di «garantire il rispetto delle politiche commerciali e industriali dell'Unione», ma soprattutto di mettere in campo «una chiara dichiarazione politica o un documento di orientamento indirizzato agli Stati membri in merito alle preoccupazioni di cui sopra. Ciò - concludono i costruttori europei - è stato fatto in varie occasioni durante la prima ondata della crisi Covid e ora sarebbe molto gradito».

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