Caro-materiali, per i cantieri un'emergenza paragonabile al Covid: servono soluzioni straordinarie
Scarsa copertura finanziaria ed eccesso di burocrazia le "falle" delle misure messe in campo dal Governo. Aprire all'applicazione del codice civile per i contratti in corso
L'eccezionale aumento dei costi delle materie prime – il così detto caro materiali – dovuto alla altrettanto eccezionale congiuntura economica rappresenta ormai da qualche mese il tema centrale nel settore degli appalti pubblici. Il legislatore è già intervenuto due volte ma i relativi provvedimenti normativi non sono stati risolutivi. Concentrando l'analisi al settore dei lavori, può essere utile cercare di capire da un lato cosa non ha funzionato nei provvedimenti emanati; dall'altro, se siano ipotizzabili soluzioni alternative, anche innovative, da poter valutare. Sul presupposto che a fronte di una situazione straordinaria, le risposte non possono essere di tipo ordinario, se si vuole cercare di evitare il pericolo di una vera e propria paralisi dei cantieri, tenendo tuttavia presente la necessità di perseguire soluzioni equilibrate.
Gli interventi normativi già attuati
Il primo intervento normativo è stato operato con il Decreto legge 73/2021, successivamente modificato dalla legge 234/2021 (legge di bilancio 2022). La norma riguarda esclusivamente i contratti in corso di esecuzione ed ha un ambito temporale circoscritto al solo anno 2021. In sintesi, il meccanismo compensativo si fonda sulla rilevazione semestrale effettuata dal Mims con propri decreti delle variazioni percentuali dei prezzi di alcuni materiali di costruzione. Assumono rilievo solo le variazioni eccedenti la percentuale dell'8%, e la compensazione riguarda solo il delta rispetto alla suddetta misura dell'8%. La copertura finanziaria delle compensazioni è assicurata tramite diverse fonti. In primo luogo l'ente appaltante può fare ricorso agli imprevisti allocati nel quadro economico dell'intervento (nei limiti del 50%), nonché alle altre somme a disposizione. Inoltre, può attingere ai ribassi d'asta, nonché a somme relative ad altri interventi di competenza del medesimo ente appaltante, purché già oggetto di collaudo. Infine, qualora le suddette risorse non siano capienti, gli enti appaltanti possono attingere, nei limiti di 100 milioni di euro complessivi, a un apposto Fondo per l'adeguamento prezzi, istituito presso il Mims.
Il legislatore è successivamente intervenuto con il decreto legge 4/2022, che ha una portata più ampia, non essendo circoscritto a delineare esclusivamente un meccanismo di compensazione per il solo anno 2021, ma a introdurre un meccanismo revisionale valido fino al 31 dicembre 2023. Tale meccanismo riguarda però solo il futuro, cioè i contratti stipulati a seguito di procedure di gara avviate dopo l'entrata in vigore del decreto stesso, cioè dopo il 27 gennaio 2022. La novità fondamentale introdotta dalla nuova norma è che la revisione prezzi (o compensazione) diventa un obbligo: gli enti appaltanti sono tenuti a inserire nei contratti la clausola revisionale, diversamente da quanto previsto dal Dlgs 50/2016 che configurava tale inserimento in termini di mera facoltà.
Volendo anche in questo caso riassumere sinteticamente la disciplina introdotta, la revisione prezzi opera solo se le variazioni di prezzo dei singoli materiali di costruzione, in aumento o in diminuzione (ma la diminuzione è un'ipotesi del tutto astratta), siano superiori al 5% rispetto ai prezzi rilevati nell'anno di presentazione dell'offerta, tenuto conto di quanto indicato dal decreto del Mims. Se la soglia del 5% viene superata, la compensazione – cioè la revisione – opera solo per l'eccedenza rispetto a tale soglia, e anzi più precisamente per l'80% di tale eccedenza. E' anche previsto che per il riconoscimento del compenso revisionale il direttore lavori debba accertare che sia stato rispettato il cronoprogramma dei lavori, previsione che presumibilmente porterà a significative complicazioni procedurali e a possibili contestazioni. Il funzionamento del meccanismo revisionale presuppone che vi sia una rilevazione ufficiale delle variazioni dei prezzi dei materiali di costruzione. A tal fine è previsto un doppio passaggio. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del Decreto legge 4/2022 l'Istat, sentito il Mims, definisce la metodologia di rilevazione delle variazioni dei prezzi dei materiali. Successivamente, con scadenza 31 marzo e 30 settembre di ogni anno, il Mims con propri decreti determina – tenuto conto della metodologia indicata dall'Istat - le effettive variazioni intervenute in relazione ai vari materiali nel semestre di riferimento.
Quanto alla copertura finanziaria, viene sostanzialmente replicata l'impostazione del Decreto legge 73/2021, con un aumento della dotazione del Fondo istituito ai sensi di tale ultimo Decreto. I punti di debolezza degli interventi normativi. Le soluzioni ad oggi individuate dal legislatore presentano alcuni profili di debolezza. In via preliminare, va rilevato che le stesse hanno un ambito temporale limitato: solo per l'anno 2021 per i contratti in corso di esecuzione, fino al 2023 nel caso di contratti ancora da stipulare. Vi è poi un tema di copertura finanziaria. I primi dati elaborati evidenziano l'insufficienza delle risorse finanziarie per coprire tutte le compensazioni conseguenti all'eccezionale aumento del costo dei materiali.
Infine – ma non certamente ultimo in ordine di importanza – vi è una complessità normativa che da un lato mal si concilia con l'urgenza degli interventi; dall'altro impone rilevanti oneri procedurali specie in capo all'ente appaltante e per esso al direttore lavori, alcuni dei quali (ad esempio l'accertamento del rispetto del cronoprogramma) suscettibili di ingenerare notevoli controversie.Proprio partendo da quest'ultimo profilo, occorre chiedersi se siano ipotizzabili soluzioni alternative, ispirate a una maggiore semplicità e immediatezza
I contratti ancora da stipulare
Per quanto possa apparire banale, per i contratti futuri la prima misura si sostanzia nel garantire che gli importi a base di gara siano determinati sulla base di prezziari aggiornati, che quindi tengano conto dell'incremento dei prezzi dei materiali già verificatosi.Di questa necessità vi è peraltro già evidenza nello stesso decreto legge 4/2022. È infatti previsto che, al fine di assicurare omogeneità nella formazione e nell'aggiornamento dei prezzari dei prodotti, attrezzature e lavorazioni che gli enti appaltanti devono utilizzare in sede di redazione del progetto definitivo il Mims, previo parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici e dell'Istat e previa intesa della Conferenza Stato-Regioni, debba adottare con proprio decreto le linee guida per la determinazione di detti prezzari. Tale adozione deve intervenire entro il 30 aprile 2022.
Vi è poi una disposizione transitoria. Viene infatti stabilito che in attesa dell'aggiornamento dei prezzari regionali sulla base delle linee guida adottate con Decreto del Mims le stazioni appaltanti possono in via autonoma incrementare o ridurre i valori contenuti nei prezzari vigenti. Ciò deve avvenire sulla base delle rilevazioni effettuate dallo stesso Mims su base semestrale ai fini delle compensazioni, e nei limiti delle risorse stanziate per ogni singolo intervento. Queste previsioni andrebbero rafforzate, prevedendo che, in mancanza dei Decreti del Mims, gli enti appaltanti debbano comunque procedere all'aggiornamento dei prezziari, con cadenza almeno semestrale, anche avvalendosi di altre rilevazioni di carattere ufficiale.
L'effettivo e tempestivo aggiornamento dei prezziari consentirebbe di risolvere lo squilibrio iniziale tra condizioni di mercato e importo a base di gara, strumento già di per sé idoneo a mitigare di molto i problemi. Quanto al meccanismo compensativo in corso di esecuzione, forse varrebbe la pena di snellire la relativa disciplina, liberandola da troppi vincoli di tipo pubblicistico. In questa logica il riferimento potrebbe essere l'articolo 1664, comma 1 del codice civile, sancendo per via legislativa la possibilità per gli enti appaltanti di applicare la relativa disciplina. Questa consente la revisione del prezzo d'appalto per la misura eccedente il decimo del corrispettivo, qualora si siano verificati aumenti dei materiali superiori al decimo per circostanze imprevedibili.
Per agevolare l'operato degli enti appaltanti si potrebbe anche in questo caso fare ricorso ai Decreti del Mims, a cadenza semestrale, sempre prevedendo la possibilità che in caso di ritardi nell'emanazione degli stessi gli enti appaltanti possano ricorrere ad altre rilevazioni di carattere ufficiale.
I contratti in corso
La questione si presenta in termini più complessi per i contratti in corso di esecuzione. Questi non prevedono – salvo rare eccezioni - meccanismi revisionali, ed anzi spesso sono presenti clausole che escludono esplicitamente tali meccanismi (il così detto prezzo chiuso). In termini astratti sarebbe quindi preclusa la possibilità di una rideterminazione del corrispettivo contrattuale per tenere conto del fenomeno del caro materiali. Va tuttavia considerato che l'emergenza epidemiologica Covid ha portato a riconsiderare, anche a livello di rapporti contrattuali, alcuni principi che sembravano immutabili.
È sufficiente pensare agli orientamenti giurisprudenziali che si sono formati, ad esempio, nel campo delle locazioni commerciali. Un significativo indirizzo dei giudici, pur di fronte a clausole contrattuali inequivoche, ha ritenuto di superarle o quanto meno di attenuarne gli effetti in considerazione della situazione eccezionale che ha condizionato lo svolgimento dei relativi rapporti. Sono così stati affermati alcuni importanti principi: -il nostro ordinamento giuridico, a fronte di eventi straordinari che pregiudichino l'equilibrio contrattuale, prevede meccanismi risolutori ma non contempla rimedi contrattuali di tipo conservativo, volti a mantenere il rapporto riequilibrandone le prestazioni;-a fronte di questa carenza non è illogico ritenere che sussista un generale obbligo di rinegoziazione dei contratti in applicazione dei principi di buona fede e correttezza; -in materia di locazioni commerciali, ciò ha portato a ritenere legittima una riduzione dei canoni di locazione a fronte di una situazione eccezionale legata alle misure di emergenza Covid.
Volendo ricavare da questo orientamento un indirizzo replicabile anche in materia di appalti pubblici, si potrebbe concludere che anche relativamente ai contratti in corso vi può essere uno spazio per la rinegoziazione degli stessi sotto il profilo economico.E anche in questo caso potrebbe essere utilmente richiamata la possibilità di applicare il meccanismo revisionale previsto dall'articolo 1664, comma 1 del codice civile, nei medesimi termini sopra illustrati.
Alcune condizioni
Qualunque intervento indirizzato a individuare rimedi contro il caro materiali sconta alcune condizioni.La prima – che sarebbe più corretto definire una precondizione – passa per l'individuazione di coperture finanziarie adeguate all'entità del fenomeno.
La seconda riguarda la necessaria celerità di qualunque decisone, in particolare nell'emanazione dei provvedimenti attuativi (come i Decreti del Mims per definire i prezzi di riferimento).La terza condizione implica una piena assunzione di responsabilità degli enti appaltanti, che devono decidere in fretta esercitando fino in fondo i propri margini di discrezionalità.E infine, è necessario un atteggiamento responsabile e collaborativo anche da parte degli appaltatori, chiamati a rivendicare correttamente le proprie pretese economiche evitando tuttavia richieste strumentali.