Urbanistica

Case popolari e 110%, tagliola a fine giugno per 2 miliardi di cantieri

I lavori degli ex Iacp dovranno arrivare almeno al 60% per mantenere il superbonus nel 2023: molti gli interventi a rischio, si guarda a una proroga

di Giuseppe Latour

Una scadenza in stile villette incombe sugli ex Iacp. Il mondo dell'edilizia residenziale pubblica si avvia a grandi passi verso il termine del 30 giugno. Entro questo giorno i molti cantieri che stanno utilizzando il superbonus dovranno raggiungere almeno il 60% dell'avanzamento dei lavori; solo in questo modo potranno mantenere la maxi agevolazione fino alla fine dell'anno. In caso contrario, il 110% si fermerà ai primi sei mesi del 2023 e, per il resto dell'anno, subentreranno le agevolazioni ordinarie.La scadenza in questione era in programma da tempo. L'articolo 119 del decreto Rilancio (Dl n. 34/2020) recita, infatti, che la detrazione del 110% spetta fino al 31 dicembre del 2023 agli Istituti autonomi case popolari, comunque denominati, e alle cooperative di abitazione a proprietà indivisa che alla data del 30 giugno 2023 abbiano effettuato «lavori per almeno il 60% dell'intervento complessivo». Si tratta di uno schema molto simile a quello già utilizzato per le villette, per le quali la dead line per misurare il 30% era il 30 settembre del 2022 (con possibilità di mantenere il 110% fino al prossimo 30 settembre).

Il problema è che, a causa delle vicende molto complicate del superbonus (tra le quali, da ultimo, va ricordato il blocco della cessione dei crediti di febbraio 2023), i cantieri di edilizia residenziale pubblica hanno accumulato, esattamente come quelli delle abitazioni private, ritardi. Tanto che, in vista di questo termine, diversi enti a hanno addirittura preferito non procedere neppure all'avvio dei cantieri per non avere difficoltà.I numeri resi noti nelle scorse settimane da Federcasa, l'associazione che rappresenta gli enti pubblici di promozione e gestione dell'edilizia residenziale pubblica, danno l'idea degli immobili potenzialmente interessati dal termine. A inizio anno i cantieri appaltati ma non ancora avviati erano 1.344 per un controvalore di poco inferiore ai due miliardi di euro. Sono soprattutto questi lavori che rischiano di inciampare nel termine del 30 giugno. Con conseguenze molto difficili da gestire per enti che solitamente non hanno grandi disponibilità di cassa.

Nel caso in cui non venga intercettata la proroga a fine 2023, infatti, ci saranno a disposizione solo i bonus ordinari per il resto dell'anno e ci sarà, comunque, l'obbligo di completare i cantieri. Il 110% resterà attivo solo fino a giugno 2023. Addirittura, per un incrocio piuttosto complicato di norme, per il super sismabonus, il fotovoltaico e le colonnine di ricarica (cioè, alcune tipologie particolari di superbonus), il 110% sarebbe valido solo fino al 30 giugno 2022.Da questi elementi si capisce, allora, perché anche per questo termine si parla ormai in modo insistente di una proroga. Diversi emendamenti che vanno in questa direzione sono comparsi, ad esempio, nella legge di conversione del decreto Bollette (Dl n. 51/2023, in discussione alla Camera). Le ipotesi sono di spostare in avanti la scadenza del 30 giugno (da un minimo di tre mesi in più, fino a un altro anno) e, allo stesso tempo, di rinviare anche quella di fine 2023, per portare il 110% fino al 2025. Un nuovo termine più lungo andrebbe nella direzione, più volte indicata da membri di Governo e Parlamento, di supportare la riqualificazione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica.

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