Personale

Cassazione, illegittimo chiedere al dipendente di firmare il verbale di ripresa in servizio alla fine dell'aspettativa non retribuita

L'atto redatto dall'ufficio (che dà conto del rientro) ha un valore meramente ricognitivo della presenza

di Consuelo Ziggiotto e Salvatore Cicala

Nel caso in cui il dipendente non riprenda servizio alla scadenza del periodo di aspettativa o siano trascorsi dieci giorni dal venir meno dei motivi che ne hanno giustificato la concessione, salvo i casi di comprovato impedimento, il relativo rapporto di lavoro è risolto.

La disposizione è contenuta, nelle norme comuni sulle aspettative, di tutti i contratti collettivi nazionali dei diversi comparti (per il personale degli enti locali il riferimento è l'articolo 42 del contratto del 21 maggio 2018).

Al rientro dall'aspettativa non occorre stilare alcun «verbale di riammissione/ripresa» in servizio, che quindi, se proposto, il lavoratore può legittimamente rifiutare di sottoscrivere.

Il periodo di aspettativa presuppone solo la sospensione del rapporto, non certo la sua cessazione; pertanto tale rapporto non necessita di essere costituito ex novo, richiedendosi solo la volontà del dipendente, manifestata attraverso la presenza in ufficio, di riprendere servizio.

È questo l'orientamento espresso dalla Corte di cassazione, sezione Lavoro, con l'ordinanza n. 27129/2022, che ha riguardato una dipendente del ministero della Giustizia. I fondamenti di questa decisione possono certamente valere anche per i lavoratori degli enti locali.

La vicenda, che si è intrecciata con la delicata disciplina della ricostruzione del rapporto di lavoro, ha visto protagonista un dipendente che si è rifiutato di sottoscrivere un verbale attestante la ripresa in servizio dopo la scadenza del periodo di aspettativa.

La controversia tra il datore di lavoro e il lavoratore, a fondamento della mancata sottoscrizione, è nata da un qui pro quo sulla data di cessazione dell'aspettativa, che avrebbe terminato l'automatica risoluzione del rapporto.

Per la Cassazione la disposizione contrattuale si limita semplicemente a richiedere al dipendente di presentarsi per riprendere servizio l'ultimo giorno di aspettativa e null'altro.

Pertanto, il verbale redatto dall'ufficio (che dà atto di tale ripresa) ha un valore meramente ricognitivo della suddetta (accertata) presenza, non certo valore costitutivo.

Il periodo di aspettativa, si legge nella decisione, produce solo un effetto sospensivo del rapporto durante tale periodo e non la sua cessazione.

Da ciò ne deriva che, per l'effetto di cui sopra, tale rapporto non necessita di essere costituito ex novo, richiedendosi solo la volontà del dipendente, manifestata attraverso la presenza in ufficio, di riprendere servizio.

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