Fisco e contabilità

Città, per usare tutti i fondi Pnrr va raddoppiato il ritmo di spesa

Nella relazione sul Piano la Corte dei conti calcola l’aumento di investimenti necessario a realizzare le opere. La spinta maggiore sopra i 250mila abitanti e a Sud, dove l’obiettivo è +101%

di Gianni Trovati

Fra 2017 e 2020 i Comuni hanno aumentato del 17,8% la spesa effettiva per gli investimenti. Ma per realizzare il Pnrr serve ora un’accelerazione assai più drastica, che si traduce in un raddoppio del ritmo di spesa soprattutto nelle città più grandi e negli enti locali del Mezzogiorno.

Il calcolo è stato sviluppato dalla Corte dei conti nella Relazione semestrale al Parlamento sull’attuazione del Pnrr, che sarà presentata martedì a Montecitorio. Come anticipato su Nt+ Enti locali & edilizia di ieri, il cuore delle quasi 400 pagine messe in fila dai magistrati contabili per radiografare nel dettaglio snodi e inciampi del Piano è nei dati sulla «realizzazione finanziaria», cioè la spesa effettiva che si è riusciti ad attivare fin qui.

La chiave di lettura è sostanziale, perché al di là della battaglia sul raggiungimento di milestones e target è la spesa reale a determinare l’attuazione concreta degli investimenti e la loro spinta alla crescita economica. E da questo punto di vista le tabelle targate Corte conti non sono rassicuranti perché al netto dei crediti d’imposta finanziati dal Pnrr, che per gli investimenti delle imprese in beni strumentali e per Ecobonus e Superbonus si attivano automaticamente con le richieste dei privati, la spesa per investimenti fra 2020 e 2022 non va oltre il 6% dei fondi: fermandosi allo 0,5% nella salute, all’1,2% nell’inclusione e coesione territoriale e al 4,1% nell’istruzione.

La media, quindi, sarebbe anche più bassa del già spento 6% se non intervenisse la Missione dedicata alle infrastrutture, arrivata al 16,4% grazie agli appalti delle ferrovie.

Nell’ampio panorama dei ritardi del Pnrr, chiarisce la Corte, non rientrano i Comuni. Che anzi con «il livello elevato di partecipazione alle procedure di selezione e l’esito favorevole delle stesse» mostrano «la capacità di cogliere la portata del Pnrr» e «l’efficacia dell’azione amministrativa e tecnica messa in campo» nonostante le pesanti difficoltà di organico.

Proprio la mole dei progetti che sono stati presentati con successo e hanno ottenuto i finanziamenti complica però la tappa cruciale nel viaggio del Pnrr, quella che porta alla realizzazione delle opere.

Per misurarne le difficoltà, i magistrati contabili utilizzano un criterio semplice, che mette a confronto la spesa effettiva per gli investimenti fissi lordi raggiunta negli ultimi anni con quella a cui si dovrebbe arrivare per utilizzare tutte le risorse del Pnrr.

L’obiettivo più sfidante è quello posto alle grandi città, che con le loro dimensioni si sono ovviamente aggiudicate i progetti più ricchi dal punto di vista finanziario. Per capire le dimensioni basta guardare a Bologna, regina dei bandi Pnrr fra i Comuni, dove i fondi del Piano valgono 2.616 euro ad abitante. A primeggiare nel numero di iniziative è invece Roma, che si è vista ammettere 256 interventi (402 euro ad abitante, ma sul dato pesano i quasi 3 milioni di abitanti della Capitale). I Comuni con più di 250mila euro nel 2017-20 hanno realizzato investimenti per 1,43 miliardi all’anno, e nel 2022-26 dovrebbero passare a 2,85 miliardi/anno con un balzo del 101,6%.

Nelle fasce demografiche inferiori l’ampiezza del salto è minore, ma comunque resta imponente al punto che in media i Comuni, dal più piccolo al più grande, dovrebbero imprimere alla spesa un’accelerazione del 66% dai 9,05 miliardi/anno dell’era pre-Pnrr ai 15,08 miliardi/anno chiesti dal Piano.

Ce la faranno? La risposta non è scontata, e qualche dubbio può sorgere se si pensa che fin qui le norme speciali introdotte per il Recovery non hanno nemmeno scalfito il deficit più grave degli enti locali, quello degli organici scesi anche nel 2022 nonostante le molte spinte normative alle assunzioni (Sole 24 Ore di mercoledì). Ad appesantire le incognite c’è il fatto che la geografia delle carenze di personale coincide con quella degli investimenti Pnrr, perché entrambe puntano a Sud.

Gli enti locali del Mezzogiorno, calcola la Corte, dovranno far crescere la spesa annua a tassi stellari fra l’82% (Sud) e il 101,3% (Isole), mentre a NordEst basterà (si fa per dire) un aumento del 42,7%.

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