Appalti

Codice appalti, revisione dei prezzi solo se prevista dai documenti di gara

di Alberto Barbiero

La revisione dei prezzi negli appalti pubblici di servizi e forniture non è obbligatoria in base al codice dei contratti pubblici, ma è applicabile dalle stazioni appaltanti sia agli appalti nei settori ordinari che a quelli nei settori speciali.
Il Consiglio di Stato, sezione III, con la sentenza n. 3768/2018 ha analizzato le differenze tra il quadro di regolamentazione della revisione nel vecchio codice e nel nuovo, esaminando la differente portata applicativa dell'articolo 115 del Dlgs 163/2006 e dell'articolo 106 del Dlgs 50/2016.

Tra vecchio e nuovo codice
I giudici amministrativi hanno evidenziato, infatti, come la disposizione nel quadro ordinamentale precedente costituisse norma imperativa non suscettibile di essere derogata in via pattizia, ed è integratrice della volontà negoziale difforme secondo il meccanismo dell'inserzione automatica in base agli articoli 1419, comma 2 e 1339 del codice civile.
Nel nuovo codice degli appalti, invece, la revisione non è obbligatoria per legge come nella precedente disciplina ma opera solo se prevista dai documenti di gara e questo comporta l'inapplicabilità della giurisprudenza che si è formata sul vecchio articolo 115, sulla natura imperativa e sull'inserimento automatico delle clausole relative alla revisione prezzi e alla loro sostituzione delle clausole contrattuali difformi.
L'articolo 106, comma 1 del Dlgs 50/2016, alla lettera a) stabilisce infatti che i contratti di appalto nei settori ordinari e nei settori speciali possono essere modificati senza una nuova procedura di affidamento se le modifiche, a prescindere dal loro valore monetario, sono state previste nei documenti di gara iniziali in clausole chiare, precise e inequivocabili, che possono comprendere clausole di revisione dei prezzi. Queste clausole fissano la portata e la natura di eventuali modifiche nonché le condizioni alle quali esse possono essere impiegate, facendo riferimento alle variazioni dei prezzi e dei costi standard, ove definiti. Tali clausole non possono peraltro apportare modifiche che avrebbero l'effetto di alterare la natura generale del contratto o dell'accordo quadro.
La formulazione della disposizione del nuovo codice dei contratti pubblici prefigura quindi in capo alle stazioni appaltanti una facoltà e non un obbligo di inserimento della clausola di revisione dei prezzi, delineando un quadro applicativo flessibilizzabile dalle amministrazioni, che possono tener conto di vari fattori (ad esempio, la durata limitata dell'appalto o il suo sviluppo in un settore con una dinamica di prezzi stabilizzati).

I settori speciali
Il Consiglio di stato evidenzia un'ulteriore differenza tra la disciplina dei due codici in ordine all'applicabilità della revisione prezzi anche ai «settori speciali», che era esclusa nel regime del Dlgs 163/2006 ed è invece ora ammessa dall'articolo 106 del Dlgs 50/2016.
Qualora la stazione appaltante decida di prevedere la clausola di revisione prezzi, è necessario che consideri le finalità dell'istituto che da un lato è volto a salvaguardare l'interesse pubblico a che le prestazioni di beni e servizi alle pubbliche amministrazioni non siano esposte col tempo al rischio di una diminuzione qualitativa, a causa dell'eccessiva onerosità sopravvenuta delle prestazioni stesse, e della conseguente incapacità del fornitore di farvi compiutamente fronte, dall'altro ad evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo, tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipulazione del contratto.
Peraltro, l'inserzione di una clausola di revisione periodica del prezzo, che deve essere sviluppata con un'istruttoria condotta dai competenti organi tecnici dell'amministrazione (il direttore dell'esecuzione e il responsabile unico del procedimento), non comporta anche il diritto all'automatico aggiornamento del corrispettivo contrattuale, ma soltanto che l'amministrazione proceda agli adempimenti istruttori normativamente sanciti, valutando se sussistano effettivamente le condizioni per l'applicazione del meccanismo revisionale.

La sentenza del Consiglio di Stato n. 3768/2018

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