Urbanistica

Codice appalti, si riapre (tra polemiche e timori) il cantiere della semplificazione

Alta tensione tra le forze politiche. Salvini: modello Genova. Orlando: semplificazione. Lupi: direttive Ue

di Massimo Frontera

Nel governo si riapre la tensione sulle regole per affidare gli appalti pubblici. In vista di una garanzia sui tempi di realizzazione delle opere, imposta dalla possibilità di utilizzare i fondi del Recovery Plan, torna come un riflesso condizionato lo slogan della cancellazione/moratoria/deroga del codice appalti per lasciare il posto al cosiddetto "modello Genova" o all'applicazione diretta delle direttive Ue. Ad accendere la miccia è una dichiarazione tranchant del sindaco di Firenze Dario Nardella, che in un intervento pubblico si è scagliato contro il codice dei contratti, colpevole, a causa di regole «troppo pesanti e complicate» di rendere necessario un tempo medio di 10 anni per realizzare un'opera pubblica. «L'Unione Europea - affonda Nardella - è stata molto chiara e ha detto a tutti i Paesi: cari Paesi, i soldi che vi arrivano col Recovery Fund li dovete utilizzare con tempi precisi, entro il 2023 dovete appaltare le opere. Ora siamo a marzo 2021, abbiamo meno di 24 mesi, mi dovete dire voi come facciamo». Soluzione? «Utilizzare solo le norme essenziali previste dall'Unione europea, le norme comunitarie - dice Nardella - perché se ci mettiamo sopra tutta quella sovrastruttura burocratica e normativa italiana noi rischiamo di non realizzare neanche un miliardo dei 209 miliardi di opere pubbliche che sono fattibili nel nostro Paese».

Le dichiarazioni dell'esponente Pd sono state immediatamente cavalcate dal leader delle Lega, Matteo Salvini, che lancia il siluro: «Anche il Pd (col sindaco di Firenze) chiede di cancellare il codice degli appalti per aprire i cantieri. Bene, avanti col modello Genova». La replica al capo della Lega arriva dal ministro del Lavoro e vicesegretario del Pd, Andrea Orlando, che cerca anche di correggere le dichiarazioni di Nardella (e che invece Nardella ribadirà) spiegando che «il Pd non chiede di cancellare il codice degli appalti, cosa peraltro impossibile essendo in larga parte il recepimento di direttive europee. Il Pd, come ha fatto in questi mesi, lavora per semplificare le procedure, per ridurre il numero delle stazioni appaltanti, per superare la burocrazia difensiva». Per maggiore rassicurazione Orlando ricorda che «il Pd è però contro la logica del massimo ribasso e del subappalto indiscriminato» e «per procedure di selezione delle imprese contraenti efficienti e rapide, ma di massima garanzia e trasparenza, a tutela di una effettiva libera concorrenza».

A riaccendere le polemiche - e gli allarmi degli operatori economici - è la bordata dell'ex ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi (Noi con l'Italia): «Per far ripartire gli appalti non serve niente di più e niente di meno dell'applicazione delle norme europee in materia», dice. Sono intervenute anche le regioni, chidedendo «riforme volte a snellire i procedimenti e a semplificare e razionalizzare le norme: è indispensabile una riforma del codice degli appalti che renda più veloce ed efficace l'esecuzione dei progetti», ha detto in un'audizione in Senato la governatrice dell'Umbria Donatella Tesei in qualità di coordinatrice della Commissione Affari europei della Conferenza delle Regioni. Anche il presidente dell'Anac, Giuseppe Busia, intervistato da Lapresse, pur precisando di non voler difendere «a oltranza il codice appalti» ricorda che «non lo si può sospendere perché si andrebbe contro le regole Ue». «Non è sospenderlo o aggirarlo - precisa - ma consentire, grazie alla digitalizzazione, velocità e controllabilità».

La prospettiva - certa - di un nuovo intervento sul codice degli appalti esplosa dalle diverse e contrarie dichiarazioni delle forze politiche ha fatto allarmare gli operatori economici. Gli operatori aderenti ad Assistal , per esempio, si dicono preoccupati «per alcune dichiarazioni pronunciate da esponenti della maggioranza in merito alla cancellazione del codice degli appalti. Le imprese hanno bisogno di certezza del diritto e stabilità, non di un continuo cambio delle regole corrispondente alla nomina di un nuovo ministro. Le regole comunitarie poi, sono troppo generiche e la loro interpretazione significherebbe generare il caos». Più netta la posizione delle società di ingegneria aderenti all'Oice: «Siamo totalmente in dissenso - afferma il presidente dell'Oice Gabriele Scicolone - con chi pensa di risolvere i problemi del settore con il cosiddetto Modello Genova che poi, a ben vedere, non è neanche un vero e proprio 'modello' ma che è e rimane un unicum irripetibile in Italia, pena l'abdicazione ai principi di trasparenza e concorrenza che discendono dall'Europa. Men che meno siamo dell'idea che si possa procedere sospendendo l'applicazione del codice appalti: abbiamo discusso mesi sulle semplificazioni al codice arrivando ad un punto di equilibrio fra concorrenza e semplificazione; abbiamo commissari straordinari per 50 opere e stiamo immaginando di sospendere un codice che peraltro nasce dal recepimento delle direttive? Se non è schizofrenia questa poco ci manca».

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