Appalti

Collegio consultivo tecnico, non c'è accordo tra Stato e Regioni sull'applicazione

Perimetro, importi, trasparenza, requisiti, compensi. Tutte le «divergenze» tra Itaca e Consiglio superiore

di Mariagrazia Barletta

Arrivare in tempi rapidi alla risoluzione di qualsiasi controversia e disputa tecnica possa insorgere durante l'esecuzione dei lavori di un'opera pubblica. La costituzione del Collegio consultivo tecnico resa obbligatoria, fino al 31 dicembre 2021, dal Dl Semplificazioni (Dl 76 del 2020) per i lavori di importo pari o superiore alla soglia comunitaria (5,35 milioni di euro), rappresenta una grande opportunità per superare velocemente gli ostacoli nella fase di esecuzione dei lavori. Ma si rilevano difficoltà nell'interpretare la norma. A circa tre mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del Dl Semplificazioni arrivano le prime indicazioni operative volte a garantire un'omogenea applicazione delle nuove disposizioni. Itaca, l'Istituto per l'innovazione e la trasparenza degli appalti e la compatibilità ambientale, ha pubblicato le prime istruzioni per le stazioni appaltanti, approvate dalla Conferenza delle Regioni lo scorso 17 dicembre. È stato inoltre costituito un gruppo di lavoro presso il Consiglio superiore dei lavori pubblici per la redazione di linee guida ad hoc, al momento non ancora definitive, ma diffuse sotto forma di bozza (aggiornata al 21 dicembre 2020). A partire dall'interpretazione della legge, i due documenti, però, giungono a conclusioni in alcuni casi contrastanti, anche su questioni basilari.

Discordanza sui lavori di manutenzione
Il primo punto di contrasto riguarda la tipologia di contratti sui quali la norma fa ricadere l'obbligo di istituire il Collegio consultivo tecnico (Cct). «Il ricorso alla costituzione del Cct, ai sensi dell'art. 6, c. 1, del Dl 76 riguarda esclusivamente gli affidamenti di lavori diretti alla realizzazione di opere pubbliche, ivi inclusi i lavori di manutenzione», si legge nella bozza predisposta dal Csllpp. Opposto il parere di Itaca, secondo cui «sono esclusi dall'ambito applicativo della disposizione normativa i contratti aventi ad oggetto attività di lavori di manutenzioni nonché quelli riferiti agli impianti tecnologici in quanto non costituiscono "opere pubbliche"». L'interpretazione di Itaca, viene spiegato stesso nel documento, deriva dalla definizione di «opera» contenuta nel Codice dei contratti e in base alla quale va letto l'obbligo circoscritto dal legislatore ai lavori diretti alla realizzazione di opere pubbliche (sopra soglia).

L'importo di riferimento

Divergenti anche le indicazioni riguardo all'importo da prendere come riferimento per posizionare la gara, ai fini dell'applicazione del nuovo obbligo, tra i contratti sopra soglia. «L'importo di riferimento è quello dei lavori a base d'asta comprensivo degli oneri della sicurezza non soggetti a ribasso», scrive il gruppo di lavoro del Csllpp. Itaca, invece, richiamando un parere espresso dal ministero delle Infrastrutture lo scorso agosto, afferma che si deve «fare riferimento esclusivamente al valore stimato dell'appalto e non invece all'importo posta a base di gara». «Si rammenta infatti – scrive Itaca - che il valore stimato dell'appalto rappresenta il valore complessivo dell'opera pubblica ed è fondamentale soprattutto per individuare la corretta procedura da seguire nell'aggiudicazione di un appalto con relativi obblighi di pubblicità (contratto di rilevanza europea oppure contratto sotto soglia), per verificare gli obblighi previsti in tema di programmazione dall'art. 21 del Codice ed è anche l'importo indicato in occasione di richiesta del Cig». Riguardo all'importo, il gruppo di lavoro del Csllpp mette inoltre in guardia: il Collegio deve essere costituito anche nel caso in cui l'importo dei lavori superi la soglia comunitaria a seguito di varianti sopraggiunte durante la fase di esecuzione del contratto.

I compensi
Divergenti anche le indicazioni date per il calcolo del compenso dei membri. La prima differenza, macroscopica, sta nel modo di considerare la parte fissa dell'onorario e quella variabile. Per il Csllpp a ciascun componente spetta una parte di compenso fissa, proporzionata al valore dell'opera, a cui va ad aggiungersi una parte variabile che dipende dal numero e dalla qualità delle determinazioni e pareri resi. In assenza di pareri e determinazioni, a ciascun membro spetta un gettone unico onnicomprensivo, in pratica si calcola la sola componente fissa del compenso. Al contrario, secondo Itaca, la corresponsione della parte variabile esclude quella fissa. Significa che, nel caso in cui il Collegio sia chiamato a esprimere pareri e ad assumere determinazioni, i componenti non hanno diritto alla quota fissa (gettone), bensì solo a quella variabile. Le due modalità di corresponsione (gettone unico o compenso per ciascuna determinazione) – scrive Itaca – non sono tra loro sovrapponibili, dunque l'una esclude l'altra.

Stando alla bozza di linee guida, le due componenti del compenso vanno invece sommate per il Csllpp se ci sono pareri espressi o determinazioni. Relativamente al calcolo della parte fissa, entrambi i documenti fanno riferimento al decreto cosiddetto Parametri (Dm Giustizia 17 giugno 2016). Mentre, però, il Csllpp prende come riferimento la prestazione di collaudo tecnico-amministrativo, Itaca sceglie di basare il calcolo sulla prestazione per il supporto al Rup in fase esecutiva. Anche le percentuali di riduzione sono applicate in modo diverso. Quanto alla parte variabile, si fa riferimento in entrambi i casi alle prestazioni «a vacazione», applicando il Dm Giustizia del 2016, ma, mentre il Csllpp ritiene giusto incrementare sempre del 25% l'importo orario massimo previsto dal Dm (75 euro/ora), Itaca suggerisce di considerare l'importo orario minimo di 50 euro e di "correggere" l'onorario in base a due coefficienti: uno che tenga conto del grado di complessità della prestazione (indicato nella tabella z-1 del Dm Giustizia) e l'altro (variabile tra 0,25 e 1) stabilito dal Rup in funzione della complessità della questione da risolvere.

Gli appalti affidati prima del Dlgs 50/2016 e ancora in corso

Tra l'altro il documento del Consiglio superiore dei lavori pubblici risponde anche a un dubbio lasciato aperto da Itaca e su cui l'organo tecnico della Conferenza delle Regioni ha invocato un chiarimento «da parte delle competenti autorità». Applicandosi il nuovo obbligo anche ai contratti in corso all'entrata in vigore del Dl Semplificazioni, la questione è se il Collegio vada o meno nominato per appalti affidati in vigenza del Dlgs 163 del 2006 nel caso in cui i lavori siano ancora in corso. La costituzione del Collegio consultivo tecnico – secondo la bozza predisposta dal Csllp - «è obbligatoria - fino al 31 dicembre 2021 - nel caso di contratti pubblici che prevedono la realizzazione di lavori di importo superiore alla soglia comunitaria, anche se già in corso e se affidati sulla base di norme previgenti rispetto al Dlgs n. 50/2016».

I principi di trasparenza
Concordano i due documenti nell'affermare che l'attività dei componenti del Collegio è comparabile a quella dei servizi d'arbitrato e di conciliazione, pertanto la scelta, anche se si ricorre a soggetti esterni alla stazione appaltante, esula dall'applicazione del Codice dei contratti. Per le designazioni di parte pubblica si applicano comunque i principi di trasparenza. In ogni caso, Itaca indica una strada precisa alle stazioni appaltanti, che prevede l'istituzione di un elenco di professionisti dal quale attingere per selezionare i componenti del Collegio, dotato di quattro sottosezioni: ingegneria, architettura e settori giuridico ed economico. L'elenco, afferma Itaca, è sempre aperto ed aggiornato ogni sei mesi, e va pubblicato – insieme al relativo avviso di manifestazione di interesse - nella sezione «amministrazione trasparente».

I requisiti
Secondo il Dl Semplificazioni, i componenti del Collegio devono essere «dotati di esperienza e qualificazione professionale adeguata alla tipologia dell'opera». Nei due documenti vengono dettagliati i requisiti che i componenti del Collegio e il presidente si ritiene debbano possedere. Per Itaca, architetti e ingegneri devono aver maturato almeno dieci anni di iscrizione all'albo e, sempre nell'ultimo decennio, devono aver ricoperto specifici ruoli (direttore dei lavori, commissario di gara, collaudatore, ufficio di supporto al Rup, etc..) per appalti di lavori, concessioni o affidamenti sopra soglia. In alternativa devono aver conseguito un titolo di formazione specifica (master, dottorato, Phd) nelle materie relative alla contrattualistica pubblica ed alla gestione degli appalti. I professionisti iscritti all'albo, sempre secondo Itaca, non possono ricoprire il ruolo di componente (e di presidente) del Collegio se non risultano in regola ad esempio con gli obblighi formativi e con i versamenti previdenziali. Condizioni, quest'ultime, che non sembrano essere rilevanti per il gruppo di lavoro del Csllpp, che pure elenca una serie di esperienze specifiche che componenti e presidente potrebbero aver maturato (diverse rispetto a quelle individuate da Itaca) ma le indica come possibili titoli preferenziali e non come sbarramento per l'accesso all'attività di membro o presidente del Collegio.

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