Appalti

Concessioni, sul Pef valutazioni discrezionali da parte della Pa

Consiglio di Stato: piano economico-finanziario fondamentale per garantire la sostenibilità dell'offerta

di Roberto Mangani

Nelle concessioni di lavori e di servizi il piano economico finanziario predisposto dai concorrenti in sede di gara a corredo dell'offerta ha la funzione di garantire l'equilibrio economico-finanziario dell'iniziativa attraverso una corretta allocazione dei rischi per l'intera durata della concessione. Tenuto conto di tale specifica funzione il piano economico finanziario è il documento che giustifica la sostenibilità dell'offerta, nel senso che dimostra la possibilità per l'operatore economico di svolgere l'attività imprenditoriale oggetto della concessione sopportandone i relativi costi e ritraendone anche un congruo utile.
La valutazione dei contenuti del Pef che la stazione appaltante opera in sede di analisi dell'offerta è espressione di discrezionalità tecnica, come tale tendenzialmente insindacabile dal giudice amministrativo a meno che non emergano elementi di palese e macroscopica erroneità o irragionevolezza.

Sono questi i principi affermati dal Consiglio di Stato, Sez. V, 4 febbraio 2022, n. 795, che offre un'interessante contributo interpretativo sulla natura delle concessioni e in particolare sulla funzione che nell'ambito delle stesse assume il piano economico- finanziario, definendo anche il tipo di verifica che sullo stesso è tenuto a fare l'ente concedente e delimitando in senso restrittivo il relativo ambito di intervento del giudice amministrativo.

Il caso
Il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti (Mit) aveva svolto una procedura negoziata per l'affidamento della concessione di gestione e manutenzione dell'autostrada Napoli-Salerno. La procedura faceva seguito a una precedente procedura con bando in cui le due offerte presentate erano risultate entrambe irregolari o inammissibili. Di conseguenza con la procedura negoziata era stato diramato l'invito a presentare offerta ai due concorrenti che avevano partecipato alla precedente procedura risultata senza esito. A conclusione della nuova procedura l'ente concedente disponeva l'aggiudicazione a favore di uno dei due concorrenti; il secondo impugnava l'aggiudicazione. A fondamento del ricorso proposto davanti al giudice amministrativo, il concorrente non aggiudicatario evidenziava l'inattendibilità dell'offerta aggiudicataria in relazione all'erroneità dei dati inseriti nel Pef allegato all'offerta, con particolare riferimento ai costi operativi e al costo del personale.

Il Tar Campania ha respinto il ricorso. Contro la sentenza di primo grado l'originario ricorrente ha proposto appello. Il principale motivo di appello è stato tutto incentrato sulla ritenuta inattendibilità del Pef presentato dall'operatore economico risultato aggiudicatario. In relazione a tale aspetto l'appellante ha contestato in radice l'affermazione del giudice di primo grado che, nell'affrontare le specifiche questioni evidenziate come indicative della ritenuta inadeguatezza del Pef – con conseguente inaffidabilità dell'offerta formulata dall'aggiudicatario – ha ritenuto di non entrare nel merito delle stesse sulla base dell'assunto che le valutazioni operate dall'ente concedente sotto questo profilo fossero espressione di discrezionalità tecnica. E infatti, come noto, in caso di esercizio della discrezionalità tecnica le determinazioni assunte dall'ente sono in via di principio insindacabili, a meno di macroscopiche illogicità o di evidenti errori di fatto.

Al contrario l'appellante ha sostenuto che l'analisi dei contenuti del Pef non rientra nell'ambito della discrezionalità tecnica, consistendo piuttosto in una doverosa valutazione in merito alla coerenza dei dati economici posti a base della proposta economica rispetto agli elementi indicati dallo stesso ente concedente in sede di bando di gara. Sotto questo profilo l'appellante ha evidenziato che la assai rilevante riduzione dei costi – e in particolare dei costi operativi e del costo del personale – operata dal soggetto aggiudicatario non sarebbe stata adeguatamente valutata dall'ente concedente. Non vi sarebbe quindi stata la necessaria analisi di congruità dei costi, cui pure l'ente concedente era tenuto, che non avrebbero trovato alcuna razionale giustificazione né alcun chiarimento neanche in sede di verifica dell'anomalia. Secondo l'appellante questa carenza di analisi avrebbe reso l'offerta di per sé inammissibile, essendo formulata sulla base di un Pef contenente dati disancorati dagli effettivi costi di gestione, con particolare riferimento ai costi di gestione e al costo del personale.

La natura e la funzione del Pef
Le censure mosse dall'appellante sono tutte incentrate sulla ritenuta complessiva inattendibilità del Pef, sulla base di una serie di elementi puntualmente indicati.Per valutare tali censure il Consiglio di Stato parte dall'analisi volta a stabilire quale sia la funzione del Pef nell'ambito della concessione di lavori o di servizi. Al riguardo il giudice amministrativo ripercorre gli elementi qualificanti della concessione. La stessa si caratterizza in quanto a fronte dell'affidamento dei lavori e/o della gestione del servizio il concessionario consegue il proprio corrispettivo dai ricavi derivanti dalla gestione dell'opera o del servizio.

In sostanza, la remunerazione degli investimenti e dei relativi costi deriva dagli introiti della gestione, con assunzione del relativo rischio d'impresa. Ed è proprio quest'ultimo elemento che risulta determinante. Il concessionario infatti opera sul mercato composto da una massa indifferenziata di utenti, con la conseguenza che le corrette previsioni in merito all'effettiva domanda proveniente dal mercato costituiscono un presupposto condizionante la remuneratività dell'investimento. Come correttamente ricordato dal giudice amministrativo si tratta di una tipologia di rischio molto diversa da quella che è presente nel contratto di appalto. In quest'ultimo caso il rischio imprenditoriale è sostanzialmente tutto "interno", nel senso che è legato alla corretta formulazione dell'offerta che deve essere tale da garantire il ristoro dei costi e un adeguato livello di utile.

Nella concessione invece vi è un rischio di natura anche "esterna", nel senso che la validità delle assunzioni economiche formulate dal concessionario dipendono anche da un fattore esterno di natura aleatoria, cioè la domanda sul mercato di quelle determinate prestazioni offerte dal concessionario stesso. In questo quadro si colloca il Pef. La sua funzione è quella di garantire l'equilibrio economico – finanziario dell'iniziativa, che passa anche per una corretta allocazione dei rischi durante tutto l'arco temporale di durata della concessione.

In sostanza la funzione del Pef è quella di dimostrare la concreta capacità dell'operatore economico di eseguire correttamente le prestazioni per tutta la durata della concessione, attraverso l'evidenza di un equilibrio economico – finanziario dell'iniziativa che consenta allo stesso di rientrare degli investimenti e di conseguire un utile. Ciò per consentire all'ente concedente di valutare l'adeguatezza dell'offerta – di cui il Pef è parte integrante - ai fini dell'effettiva realizzabilità dell'oggetto della concessione. Nell'ambito di questa funzione di carattere generale il Pef assume un rilievo centrale anche ai fini della corretta definizione del rischio imprenditoriale. Anche con riferimento a quest'ultimo profilo – ma più in generale in relazione all'adeguatezza e alla sostenibilità complessiva del Pef – vanno correttamente inquadrati i poteri di valutazione di cui gode l'ente concedente in sede di gara.

Secondo il Consiglio di Stato tali poteri si muovono nell'ambito dell'applicazione delle discipline tecniche ed economiche di riferimento, tenendo ovviamente conto delle specifiche prescrizioni contenute nella documentazione di gara. Ciò vale anche per la valutazione in merito alle assunzioni che il concorrente abbia operato in merito al rischio imprenditoriale, che dovrà comunque essere operata al fine di verificare che tali assunzioni non compromettano l'efficace svolgimento delle attività tipiche del concessionario. Ma proprio il riferimento alla necessità di fare applicazione delle discipline tecniche ed economiche di riferimento rappresenta il passaggio fondamentale della pronuncia.

Ciò porta infatti il Consiglio di Stato a concludere – in conformità a quanto aveva ritenuto il giudice di primo grado - che le valutazioni operate dall'ente concedente sono espressione tipica della così detta discrezionalità tecnica, come tali tendenzialmente insindacabili dal giudice amministrativo se non nei casi di manifesta irragionevolezza o macroscopica erroneità.

La concessione, il rischio del concessionario e le valutazioni della Pa
L'assunto di fondo su cui si regge il ragionamento sviluppato dal Consiglio di Stato è che nella concessione la definizione del rischio del concessionario rientra nella sfera di responsabilità di quest'ultimo. I contenuti del Pef che inglobano e delineano in concreto i confini di tale rischio e che costituiscono parte integrante dell'offerta sono definiti dall'offerente in piena autonomia e sulla base delle sue valutazioni. I margini di intervento dell'ente concedente sono ridotti. Quest'ultimo deve limitarsi a verificare che nel Pef non vi siano assunzioni palesemente inattendibili.

In questo senso il giudice amministrativo richiama la nozione di discrezionalità tecnica, che per sua natura si connota per una valutazione basata sull'applicazione di discipline tecnico - scientifiche, e che priva la stessa di ogni margine di discrezionalità amministrativa in senso proprio. Ma questa stessa nozione di discrezionalità tecnica limita anche i poteri di intervento del giudice amministrativo. Come correttamente ricordato, rispetto all'esercizio di tale discrezionalità il giudice amministrativo può censurare l'operato dell'amministrazione solo a fronte di evidenti errori o di macroscopiche illogicità nell'iter valutativo.

In sostanza sia l'ente concedente che il giudice amministrativo sembrano avere poteri di intervento limitati sui contenuti del Pef. Anche se non va dimenticato che gli stessi confini della discrezionalità tecnica sono comunque soggetti a qualche margine di elasticità, potenzialmente idoneo ad ampliare gli effettivi poteri valutativi del soggetto pubblico (e correlativamente del giudice amministrativo).

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