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Concorsi e Covid, il Tar Friuli dice «sì» all'ingresso in aula del candidato con 37,5° di febbre

Prova suppletiva per chi è stato allontanato altrimenti concorso da rifare per tutti

di Pietro Alessio Palumbo

È ingiustificata l'esclusione dalla prova di concorso del candidato al quale è stata rilevata una temperatura superiore ai 37,5°. Si tratta di una causa di esclusione dalla selezione pubblica che non trova supporto in alcuna disposizione di legge o altra norma di carattere emergenziale per contenere il diffondersi del virus Covid-19. Con la sentenza n. 415/2020, il Tar Friuli ha precisato inoltre che il diritto a partecipare a una selezione concorsuale, in quanto funzionale alla soddisfazione del diritto al lavoro, non può essere "mortificato" al punto da essere trattato al pari della momentanea interdizione ad accedere a un supermercato o magari a un lido al mare. E ciò tanto più se questo «sacrificio di opportunità» possa essere «decretato» all'esito di una estemporanea misurazione della temperatura corporea da parte di personale non sanitario, privo di specifica formazione, e unicamente posto a piantonare un ordinario ingresso in un'aula d'esame. Nessuna affinità con il divieto di accesso al luogo di lavoro: in sede di concorso sono in gioco "chances"
L'allontanamento dal luogo di esame con correlata esclusione dalla selezione non può, in alcun modo, essere paragonata nemmeno al diniego di accesso ai luoghi di lavoro per analoghe ragioni, essendo evidente che passa una «abissale differenza» tra il (mero) non poter svolgere la propria attività lavorativa nel luogo a ciò normalmente deputato e l'essere, definitivamente, deprivato della "chance" di ottenere un lavoro confacente alla propria formazione e preparazione.

Proporzionalità e flessibilità della Pa
Per altro verso il principio di proporzionalità, di derivazione europea, impone all'amministrazione di adottare un provvedimento non eccedente quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato. Alla luce di questo principio, nel caso in cui l'azione amministrativa coinvolga interessi diversi, è doverosa un'adeguata ponderazione delle contrapposte esigenze, al fine di trovare una soluzione che comporti il minor sacrificio possibile per tutti. Su queste premesse, la proporzionalità non deve essere considerata come un canone rigido e immodificabile, ma si configura quale regola che implica la giusta "flessibilità" dell'azione amministrativa e, in ogni caso, la rispondenza della stessa ai criteri di ragionevolezza e legalità. In altre parole, il principio di proporzionalità va inteso nella sua accezione etimologica e dunque da riferire al «senso di equità e di giustizia», che deve sempre caratterizzare la soluzione del problema concreto da parte della Pa.

Prova suppletiva per il candidato allontanato, altrimenti concorso da rifare per tutti
In considerazione dell'assoluta prevedibilità di una situazione come quella verificatasi e per indispensabili esigenze "meritocratiche" e qualitative, che implicano la maggior partecipazione possibile di candidati da selezionare per un pubblico impiego, secondo il Tar triestino, l'ente coinvolto avrebbe potuto, anzi, dovuto prevedere, fin da subito, la data di una prova suppletiva. Ciò in ogni caso predisponendo tutte le cautele e misure idonee per garantire lo svolgimento dell'intera procedura selettiva in rigoroso rispetto delle esigenze di imparzialità, trasparenza e pari opportunità. E a ben vedere, ciò è tanto più fattibile nei casi in cui la modalità di svolgimento della prova scritta preveda quiz a risposta multipla. Diversamente prova da rifare per tutti i candidati partecipanti alla selezione.

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