Personale

Concorsi pubblici, criteri più rigidi per la valutazione dei titoli

I correttivi alla riforma dei concorsi che comunque finiscono per fissare in legge principi e regole già nell’ordinamento

di Gianni Trovati

Arrivano i correttivi alla riforma dei concorsi pubblici, che comunque finiscono per fissare in legge principi e regole già presenti nell’ordinamento. Ma hanno l’obiettivo di spegnere le polemiche sollevate dalle nuove previsioni sulle valutazioni dei titoli di studio nelle selezioni.

In pratica, il correttivo fissa il peso massimo che i titoli e l’eventuale esperienza professionale potrà avere nel punteggio complessivo. Non potrà superare il 33%, come del resto già prevede la legge 56 del 2019 (articolo 3, comma 6, lettera b).

Per quel che riguarda i curricula di studio, il correttivo prevede che i criteri di valutazione nei bandi «per i profili ad alta specializzazione tecnica o amministrativa» dovranno concentrarsi sui titoli «strettamente correlati alla natura e alle caratteristiche della posizione bandita».

Anche in questo caso non è un principio particolarmente innovativo: perché già oggi la richiesta di titoli sproporzionati o scollegati al profilo che il bando sta cercando espone il concorso al rischio più che concreto di bocciatura da parte dei giudici amministrativi. A cui, anche dopo la nuova norma, ci si potrà rivolgere per valutare la coerenza delle richieste dei bandi.

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