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Concorsi, vietato escludere la candidata in gravidanza

La concorrente gestante non può essere esclusa dalla prova per inidoneità psico-fisica al servizio

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di Pietro Alessio Palumbo

L'esclusione dal concorso della candidata in stato di gravidanza all'atto dell'accertamento psico-fisico al servizio contrasta "frontalmente" sia con il quadro normativo vigente che con i principi elaborati dalla giurisprudenza; tutti volti a evitare ogni forma di discriminazione fondata sul sesso e a garantire la parità di trattamento tra uomo e donna anche con riferimento all'accesso al lavoro. Il Consiglio di Stato (sentenza n. 8578/2021) ha chiarito che l'uguaglianza sostanziale tra i candidati, senza distinzione di genere, sarebbe frustrata se lo stato di gravidanza si trasformasse da temporaneo impedimento al suddetto accertamento, a causa definitiva di esclusione. Per quanto riguarda la prova scritta, nel caso la concorrente sia in stato di gravidanza al momento dell'esame, la tutela non può essere concessa negli stessi termini, in quanto, da un lato la prova in sé non costituisce un fattore di pericolo per la salute della donna e del bambino e, dall'altro lato, il differimento delle prove scritte pregiudicherebbe la par condicio dei concorrenti e il buon andamento dell'amministrazione; con ciò vanificando la stessa finalità della procedura.

Sul piano costituzionale è compito della Repubblica agevolare la formazione della famiglia e proteggere la maternità. Il legislatore ordinario, dal canto suo, ha dato attuazione ai precetti costituzionali, statuendo che la parità di trattamento e di opportunità tra donne e uomini deve essere assicurata in tutti i campi; compresi quelli dell'occupazione, del lavoro e della retribuzione. Secondo la normativa euro-unitaria qualsiasi trattamento sfavorevole nei confronti della donna in relazione alla gravidanza o alla maternità costituisce discriminazione diretta fondata sul sesso. E per la Corte di Giustizia va sempre nettamente distinta la gravidanza dalla malattia; anche nel caso di una malattia causata dalla gravidanza.

L'impianto normativo sia nazionale che sovranazionale è quindi univoco nell'escludere che lo stato di gravidanza possa rappresentare un ostacolo nell'accesso al lavoro. Per questa ragione ogni disciplina per l'accertamento dell'idoneità a un determinato servizio nel pubblico impiego non può che essere declinata alla luce delle richiamate coordinate; che sono volte a garantire l'uguaglianza sostanziale dei candidati e a evitare che la gravidanza, di per sé, possa costituire causa di esclusione da un concorso pubblico.

La situazione della candidata in gravidanza all'atto dell'accertamento di idoneità a un servizio non è quindi assimilabile a quella di chi versa nel medesimo momento in condizioni di infermità. Infatti la gravidanza è una situazione peculiare del sesso femminile, a evoluzione fisiologica predeterminata e, in linea di massima, prevedibile, mentre l'infermità è una condizione comune a entrambi i sessi, la cui durata non è predeterminabile. E differente resta anche il caso della gravidanza all'atto delle prove scritte: contrariamente si accorderebbe tutela a un rischio discendente non dalla prova, ma dallo stato di salute della candidata; e ciò integrerebbe una situazione di infermità non suscettibile di valutazione diversa da quella che colpisse qualunque altro concorrente, uomo o donna che sia.

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