Personale

Confedir: sul rinnovo dei contratti stessi tempi per dipendenti e dirigenti

L'accordo siglato il 15 aprile prevede un rinvio della definizione della composizione delle aree dirigenziali

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di Michele Poerio (*)

Il Ministro Brunetta ha firmato l'atto di indirizzo che permetterà il rinnovo del contratto collettivo per il personale del comparto delle funzioni centrali, ministeri, agenzie, enti pubblici.

La Confedir accoglie con soddisfazione l'iniziativa del Ministro, che ha confermato le sue dichiarazioni, al quale ci eravamo appellati in tal senso anche venerdì scorso.

La soddisfazione però è parziale, perché i rinnovi non saranno contestuali per tutte le categorie di personale pubblico, ma solo per alcune, grandi escluse dal rinnovo le aree dirigenziali che comprendono anche, val la pena ricordare, medici, dirigenti delle scuole, degli enti locali. Il personale che in questi mesi è stato in prima linea nella lotta al Covid-19, alcuni, i medici, fedeli al giuramento di Ippocrate, che hanno combattuto a mani nude contro un nemico invisibile, sconosciuto, sacrificando in alcuni casi la propria vita per salvare quella dei pazienti, altri, invece, fedeli allo Stato, che in prima linea per mesi hanno cercato di riorganizzare il lavoro, la scuola, presenti in ufficio, rinunciando spesso al lavoro agile, per capire come garantire i servizi e la salute dei propri collaboratori con nuove modalità organizzative, con nuovi processi.

Per questi ultimi l'accordo siglato in Aran il 15 aprile prevede un rinvio della definizione della composizione delle aree dirigenziali, definizione questa propedeutica per i rinnovi contrattuali.

Le trattative si sono protratte per ben due anni, elemento ostativo il comma 687 della legge 145/2018 che colloca il personale dirigenziale Pta (dirigenza professionale, tecnica ed amministrativa del Ssn) nell'Area Sanità. La collocazione è, altresì, ribadita nell'atto di indirizzo per l'accordo quadro.

Nel corso del biennio alcune organizzazioni sindacali hanno inutilmente fino a ora cercato di far emendare il comma 687, adducendo come motivazione l'intervento del legislatore in materia contrattuale. Purtroppo non è la prima volta che accade, ma ciò non giustifica ben 24 mesi di stallo delle trattative in attesa che alcune organizzazioni sindacali riescano a far emendare in Parlamento una norma. Con l'accordo del 15 aprile si avrà, dunque, un ulteriore rinvio dell'accordo per le aree dirigenziali.

Le ragioni sostanziali perché questo personale debba essere ricompreso nell'Area Sanità le abbiamo esplicitate in una dichiarazione a verbale indirizzata all'Aran e alle Confederazioni presenti al tavolo, dichiarazione che abbiamo resa pubblica per evitare inutili strumentalizzazioni della nostra scelta.

Capiamo le ragioni del sì all'accordo di diverse Parti, che di fronte alla possibilità di un rinnovo dei contratti del comparto funzioni centrali, per senso di responsabilità hanno dovuto siglare l'accordo, meno comprendiamo le ragioni di chi rappresenta la sola dirigenza pubblica.

Il nostro «no» all'accordo e al rinvio non è in questo caso espressione di un potere di interdizione, come li definisce Sabino Cassese in un suo editoriale pubblicato dal Corriere della Sera il 31 marzo, anzi il contrario.

Il nostro «no» è non solo al rinvio, ma anche a delle vecchie prassi che è necessario superare.

In questo momento più che mai occorreva una presa di posizione unanime perché il rinnovo dei contratti fosse contestuale per tutto il personale del pubblico impiego, perché le Regioni emanassero gli atti di indirizzo di competenza contestualmente a quello del Ministro della Pubblica amministrazione, così consentendo alle organizzazioni sindacali della dirigenza di contrattare su alcune materie quali relazioni sindacali, lavoro agile, progressioni di carriera, fondi integrativi, discipline trasversali che rischiano di dover semplicemente, supinamente, recepire dai contratti del comparto. In realtà siamo, altresì, fermamente convinti che alcuni istituti sarebbe stato opportuno disciplinarli in un accordo quadro. Siamo, infatti, convinti che i processi decisionali inclusivi siano i migliori.

La Confedir, dunque, è per i cambiamenti non per l'inerzia, anche nelle relazioni sindacali.

Siamo fermamente convinti che l'esperienza della pandemia da Covid-19 imponga importanti innovazioni nella pubblica amministrazione, che deve essere il catalizzatore della ripresa del nostro Paese e del Recovery Plan.

I prossimi rinnovi contrattuali e accordi quadri debbono essere anch'essi affrontati in un'ottica di cambiamenti e innovazioni, adeguati al tempo che stiamo vivendo e alle dinamiche in corso.

Siamo, dunque, per i cambiamenti, sono trascorsi quasi venti anni dall'istituzione dell'Aran (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni con il Dlgs 29/1993) e la pubblica amministrazione non è più la stessa. Cambiare significa anche raccogliere le sfide che questo tempo ci lancia, che l'emergenza ci impone, sfide che possono trasformarsi in opportunità. Siamo convinti che la nostra pubblica amministrazione, la nostra classe dirigenziale pubblica è pronta per le sfide future anche i sindacati lo devono essere al fine di essere riconosciuti, non come titolari di interdizione, ma titolari di un dialogo costruttivo per la crescita del Paese e la sua democrazia.

(*) Segretario generale Confedir

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