Personale

Congedo straordinario, dalla Cassazione un'altra conferma per il raddoppio

La Corte sconfessa ancora una volta la tesi restrittiva dell'Inps

di Consuelo Ziggiotto e Salvatore Cicala

Il congedo straordinario biennale per assistere i soggetti disabili raddoppia in caso di assistenza a due disabili. Lo ribadiscono i giudici della Cassazione con la sentenza n. 26605/2020, depositata lo scorso 23 novembre, sconfessando ancora una volta la tesi restrittiva dell'Inps.

La questione
L'articolo 42, comma 5-bis, del decreto legislativo 151/2001 stabilisce che «il congedo fruito ai sensi del comma 5 non può superare la durata complessiva di due anni per ciascuna persona portatrice di handicap e nell'arco della vita lavorativa».
L'Inps (circolare n. 32 del 6 marzo 2012, punto 3.3) aveva fornito una chiave interpretativa della disposizione, ritenendo che tale congedo rientra nella più ampia fattispecie di congedo regolata dall'articolo 4, comma 2, della legge 53/2000 (congedo straordinario biennale non retribuito per gravi e documentati motivi familiari). Secondo la tesi dell'Istituto, essendo il più ampio congedo di cui all'articolo 4, comma 2, della legge 53/2000 complessivamente fruibile nel limite massimo di due anni, non è possibile per lo stesso lavoratore, che ha già usufruito del congedo biennale retribuito in base all'articolo 42 del Dlgs 151/2001, richiedere l'ulteriore congedo per assistere un altro familiare in situazione di disabilità grave. Questa linea interpretativa è stata sposata dal Dipartimento della funzione pubblica all'interno della circolare n. 1 del 3 febbraio 2012 in cui si specifica che limite del biennio di fruizione è compiuto entro un unico «contatore» complessivo «a prescindere dalla causa specifica per cui il congedo è fruito».

La posizione della Corte di cassazione
Per la Cassazione la tesi dell'Inps è da ritenersi infondata. Le norme che si sono susseguite in questi anni a tutela della disabilità individuano quale destinatario della tutela stessa non il nucleo familiare in sè, ovvero il lavoratore onerato dell'assistenza, bensì lo stesso disabile. Conseguenza logica è che la disposizione contenuta nell'articolo 42 del Dlgs 151/2001 può essere intesa soltanto nel senso che il limite dei due anni si riferisca a ciascun figlio che si trovi nella prevista situazione di bisogno, in modo da non lasciarne alcuno privo della necessaria assistenza che la legge è protesa ad assicurare. In sintesi un'altra conferma a quanto già espresso, solo un paio di anni fa, dalla stessa Corte (sentenza 5 maggio 2017 n. 11031).

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