Urbanistica

Consumo di suolo, misure di contenimento e rigenerazione urbana nei quadri normativi regionali

In assenza di una legge nazionale, molte regioni hanno approvato leggi per contenere i processi urbanizzativi

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di Andrea Arcidiacono

Per quanto i processi di consumo di suolo abbiano mostrato negli ultimi anni una significativa flessione, gli impatti rimangono assai rilevanti. In assenza di una legge nazionale di indirizzi, molte regioni hanno approvato leggi per il contenimento dei processi urbanizzativi che, seppur con contenuti eterogenei, individuano nella rigenerazione urbana la strategia prioritaria per il progetto urbanistico.

I processi di urbanizzazione e impermeabilizzazione del suolo rimangono in Europa tra le cause principali di degrado del suolo (Ronchi et al., 2019), risorsa naturale non riproducibile che fornisce servizi ecosistemici fondamentali per la qualità del vivere e il benessere degli esseri umani (Millenium Ecosystem Assessment, 2005): con effetti sulla produzione del cibo, sulla qualità dell'aria, sulla raccolta delle acque, sull'incremento dei fenomeni di dissesto idrogeologico e in generale sui cambiamenti climatici.

In Italia in tutto il primo decennio del duemila la media annua nazionale di suolo consumato ha superato i 60 ettari giorno (ISPRA, 2016), con caratteri di particolare intensità in alcune regioni, come Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. Negli ultimi anni i processi di ‘consumo di suolo', pur rimanendo intensi, hanno segnalato una significativa contrazione (ISPRA, 2019): nel 2018 il livello medio annuo si è attestato a meno di 15 ettari giorno. Questo risultato è, tuttavia, ascrivibile non tanto all'effetto di una legislazione nazionale, ancora assente, o di livello regionale, laddove le molte leggi approvate in questi ultimi anni non hanno trovato ancora una tangibile e diffusa attuazione negli strumenti di governo del territorio; quanto per gli impatti globali di una crisi economica che ha coinvolto profondamente anche i settori produttivi edilizi. A fronte di una contrazione concreta dei processi di urbanizzazione, tuttavia, nella redazione dei piani urbanistici continua a prevalere un modello di sviluppo ancora orientato a sostenere dinamiche di crescita insediativa non coerenti con i reali trend demografici e occupazionali.

In questi anni molti stati europei hanno attivato politiche e dispositivi legislativi finalizzati a ridurre i processi di consumo e impermeabilizzazione del suolo, in recepimento delle linee guida comunitarie (European Commision, 2012), e a sostenere azioni di rigenerazione urbana verso nuove prospettive di vivibilità ambientale e sociale, agendo in modo combinato attraverso misure di limitazione quantitativa, politiche fiscali e strumenti di valutazione qualitativa e di monitoraggio delle trasformazioni dei suoli.

In Italia non si riesce ancora ad approvare una riforma legislativa nazionale che indichi con nettezza tra le urgenze del governo del territorio la riduzione del consumo di suolo e il sostegno della rigenerazione urbana, e che sia capace di indicare le nuove priorità per un diverso modello di sviluppo ecologicamente orientato verso cui indirizzare il progetto urbanistico della città e del territorio contemporaneo (Arcidiacono et al., 2018). Una legge capace di combinare i principi di tutela del suolo, quale risorsa finita e irriproducibile da preservare nei suoi valori ambientali, paesistici e produttivi, con meccanismi e strumenti di governo del territorio per realizzare azioni efficaci di limitazione quantitativa e di valutazione e selezione qualitativa dei processi di antropizzazione dei suoli. Una legge in grado di definire quadri di coerenza per i nuovi apparati normativi regionali in materia di governo del territorio.

Pur in mancanza di una legge nazionale in molte regioni sono state approvate leggi per il contenimento del consumo di suolo e per il sostegno alla rigenerazione urbana, introducendo misure eterogenee, prevalentemente di carattere quantitativo. Il profilo di maggior problematicità nei nuovi impianti legislativi regionali sta proprio nella disomogeneità dell'apparato definitorio: la declinazione del concetto di ‘consumo di suolo' e la misurazione della sua intensità vengono trattate in modo spesso discordante. Una condizione che rende di fatto molto difficile comparare le strategie proposte e la loro efficacia; la quantificazione e il monitoraggio delle politiche attuative, con riferimento a definizioni non omogenee, non permette di valutare comparativamente l'effetto dei meccanismi e degli strumenti di azione introdotti. In molte leggi, inoltre, la limitazione del consumo di suolo viene affrontata prevalentemente attraverso meccanismi quantitativi che stabiliscono una riduzione delle potenzialità edificatorie presenti negli strumenti di pianificazione fissando delle quote percentuali di riduzione o delle soglie massime di nuovo consumo.

Se l'approccio regolativo è senz'altro opportuno altrettanto importante appare la necessità di introdurre meccanismi di valutazione qualitativa degli impatti dei processi di antropizzazione del suolo attraverso modalità di analisi preliminare dei valori e delle funzionalità ecosistemiche del suolo, nonché della disponibilità e delle condizioni di aree degradate e dismesse, che permettano di selezionare gli interventi di trasformazione del suolo, prevedendo adeguate misure di mitigazione e di compensazione, volte a garantire il mantenimento e/o il ripristino delle funzionalità ecosistemiche esistenti, o finanche ad escludere possibilità di modificazione d'uso per quei suoli con valori ecologici, ambientali e paesaggistici non compensabili. Una mappatura delle funzionalità ecosistemiche dei suoli consente di verificare la sostenibilità di scenari alternativi, indirizzando le trasformazioni ritenute necessarie, sulla base di una adeguata determinazione degli effettivi fabbisogni insediativi e occupazionali, su quelle aree di ‘minor' valore, che possono essere mitigabili e compensabili nell'ambito dell'intervento. Le strategie messe in pratica in molti paesi europei dimostrano infatti come un'azione efficace di contenimento dei processi di urbanizzazione richieda un approccio integrato, capace di combinare forme di controllo e di regolazione degli usi del suolo con azioni di mitigazione, compensazione ecologica e di monitoraggio degli impatti.

Ma l'esigenza di una azione normativa di livello nazionale si pone anche per la necessità di agire in due campi di esclusiva competenza statale che hanno un ruolo cruciale nelle politiche di contenimento del consumo di suolo: la fiscalità locale e le forme degli strumenti di pianificazione. L'applicazione di dispositivi di natura fiscale rappresenta infatti una potenzialità importante per incidere nei processi di urbanizzazione attraverso una riduzione dei margini di convenienza prodotti nella trasformazione dei suoli liberi, applicando misure di tassazione incrementale direttamente connesse alla quantità e alle qualità ecosistemiche del suolo urbanizzato e ai costi collettivi e ambientali prodotti. Fino ad oggi la rendita fondiaria ha rappresentato il motore più potente al consumo di suolo e le forme ordinarie di tassazione urbanistica (oneri e costi di costruzione) non sono mai state in grado di contenerne gli effetti né di recuperarne quote adeguate alla collettività.

Una politica fiscale può dare forza alle forme di regolazione e limitazione degli usi del suolo, incidendo in modo significativo sulle convenienze economiche della rendita e al tempo stesso può garantire ai comuni le risorse necessarie sia per avviare politiche di compensazione e rinaturalizzazione ecologica, sia per sostenere strategie concrete di rigenerazione urbana. Con una particolare prudenza sulle misure di sostegno ai processi di rigenerazione urbana: in molte leggi regionali è prevista la possibilità di ridurre gli oneri di urbanizzazione e i costi di costruzione negli interventi di rigenerazione urbana; questa strada, se collocata in una prospettiva di sempre maggior riduzione dei processi di consumo del suolo a vantaggio dei processi di rigenerazione, rischia di azzerare le risorse pubbliche ancora più necessarie nel realizzare quegli interventi di messa in efficienza ecologica e sociale della città esistente che richiedono quanto mai un robusto intervento pubblico (a fianco dell'agire privato) nel realizzare le nuove dotazioni per la resilienza della città contemporanea.

Un secondo nodo problematico da sciogliere attraverso una legge nazionale di principi riguarda le forme e le scale della pianificazione nei suoi caratteri strutturali e nelle ricadute conformative in relazione all'attuale assetto istituzionale di governo del territorio. Il piano urbanistico nelle sue componenti strutturali/strategiche, nelle differenti accezioni assunte nei testi legislativi regionali, deve essere rafforzato senza equivoci quale strumento non conformativo degli usi del suolo. Una condizione che consente di liberare le scelte della pianificazione dal peso delle previsioni pregresse e dalla mancata attuazione delle previsioni future. A questo si aggiunge l'opportunità di sancire anche negli strumenti di pianificazione operativi conformativi la decadenza delle potenzialità edificatorie private, in analogia con i vincoli pubblicistici, laddove non attuati entro un periodo di tempo congruo. E infine una riforma che rafforzi la dimensione territoriale del piano strutturale e ne definisca scale e confini. Il livello comunale costituisce la dimensione amministrativa dove si depositano le principali scelte di pianificazione e di conseguenza dove si producono le maggiori ricadute sul consumo di suolo.

Strategie di sviluppo e previsioni espansive non possono più essere lasciate alla sola responsabilità comunale, dove continuano a pesare logiche di convenienza locale e gli effetti della rendita urbanistica; ma richiedono una più ampia condivisione, responsabilità e capacità di valutazione selettiva, alla scala intercomunale. La pianificazione strutturale/strategica deve configurarsi come quadro di riferimento sovralocale in cui si superino le ridotte e frammentate geografie amministrative comunali, efficace nel fissare gli assetti infrastrutturali, ecologico ambientali e insediativi a cui riferire le principali politiche e strategie d'azione da sottoporre alla verifica di ipotesi localizzative alternative e alla sostenibilità delle previsioni assunte (VAS).

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

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