Fisco e contabilità

Conto giudiziale, obbligo di resa anche per il concessionario fallito

Anche con riferimento alle gestioni contabili precedenti il loro avvio

di Marco Rossi

La società incaricata del servizio di riscossione dei tributi, quale agente contabile di diritto o di fatto, è sempre tenuta – anche dopo l'apertura del fallimento – a rendere il conto giudiziale pure con riferimento a gestioni contabili precedenti il loro avvio.

É questo l'esito della sentenza emessa dalla Sezione giurisdizionale della Sicilia della Corte dei conti (n. 16/2022), a seguito del procedimento per resa del conto, successivamente all'intervenuta attivazione della procedura concorsuale, i cui organi si erano costituiti per contestare l'obbligo di presentazione del conto giudiziale, anche per effetto del mancato subentro nel rapporto contrattuale.

Il "nocciolo" dell'argomentazione proposta, in sede di impugnazione, era costituito dalla necessità di distinguere (sul piano soggettivo e delle responsabilità) tra la gestione ante declaratoria del fallimento e quella successiva, tenuto conto della circostanza che il rapporto contrattuale era stato risolto con efficacia retroattiva alla dichiarazione di fallimento (sulla base dei quanto previsto dall'articolo 72 della legge fallimentare).

A sua volta la procura contabile aveva insistito sulla permanenza dell'obbligo di resa del conto giudiziale, sottolineando che doveva essere assolto dalla persona giuridica e non dal curatore che era interessato "semplicemente" nella sua qualità di rappresentante legale. Inoltre, era stato sostenuto che la dichiarazione di fallimento non comporta la cessazione dell'impresa, con la conseguenza che la disciplina risulta ancora pienamente applicabile. Ancora, risulta irrilevante lo scioglimento (da parte del curatore) del contratto di concessione della riscossione delle entrate del comune, in forza della disciplina specifica riguardante le procedure concorsuali.

In tale contesto il collegio giudicante ricorda preliminarmente la rilevanza del giudizio per la resa del conto, quale «procedimento speciale finalizzato a garantire l'effettività dell'obbligo di resa del conto ed è strumentale ad attivare il giudizio di conto che ha carattere necessario ed inderogabile, in quanto posto a tutela di interessi pubblici indisponibili e preordinato all'accertamento della regolarità della gestione contabile rappresentata nel conto giudiziale».

Da cui deriva che appare possibile instaurare un giudizio per la resa del conto anche con riferimento a gestione contabili antecedenti alla dichiarazione di fallimento, a nulla rilevando la cessazione del rapporto contrattuale di riscossione e la circostanza che, in precedenza, l'obbligo di presentazione del conto giudiziale non fosse stato assolto nei termini ordinari da parte della società in bonis.

Il fallimento, eventualmente, comporta alcuni effetti sul piano processuale, dal momento che la legittimazione passiva per la società fallita spetta al curatore e non agli organi ordinari, pure per le gestioni per cui è risultata inadempiente nei confronti della magistratura contabile.

É quindi lo stesso curatore che, conseguentemente, deve assolvere l'onere di presentare il conto giudiziale all'amministrazione nel termine perentorio assegnato, essendo divenuto – dopo il fallimento – l'amministratore del patrimonio della società sottoposta alla procedura concorsuale.

Il ricorso presentato è così stato respinto, confermandosi il decreto mediante il quale è stato ordinato alla società (in persona del curatore fallimentare) di rendere il conto giudiziale all'ente in vista del successivo deposito alla magistratura contabile.

Secondo la Corte, quindi, a nulla rileva la modifica del rappresentante legale, la situazione di fallimento e l'intervenuta interruzione del rapporto contrattuale, dal momento che il giudizio di conto presenta caratteristiche di necessarietà e inderogabilità, nella prospettiva di verificare la regolarità della gestione svolta a tutela dei preminenti interessi pubblici.

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