Fisco e contabilità

Contratti per la riscossione delle entrate a rischio interruzione

Nel decreto Semplificazioni manca una norma che consenta agli enti locali di rinegoziare i contratti attraverso un allungamento della durata o l'affidamento di altri servizi

di Giuseppe Debenedetto

Sono a rischio di risoluzione per impossibilità sopravvenuta circa 6.000 contratti sottoscritti tra i Comuni e le società concessionarie private affidatarie dei servizi di riscossione delle entrate locali. É la conseguenza del fatto che nel decreto Semplificazioni manca una norma che consenta agli enti locali di rinegoziare i contratti attraverso un allungamento della durata o l'affidamento di altri servizi.

La questione risale al decreto Rilancio che ha inserito tra i settori in crisi anche quello delle società private che effettuano la gestione delle entrate locali,che operano in circa 6.000 Comuni con contratti che possono riguardare tutte o solo alcune entrate tributarie o patrimoniali. In particolare il decreto Rilancio, al fine di garantire migliaia di posti di lavoro e assicurare la ripresa delle attività dopo l'emergenza Covid-19, prevedeva in prima battuta la possibilità per i Comuni che hanno affidato ai concessionari privati l'attività di accertamento e riscossione delle entrate locali di rinegoziare i contratti con una loro maggiore durata (non oltre il 31 dicembre 2023) oppure ampliare il perimetro dei servizi affidati (si veda Il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 13 maggio). Disposizione che si rivela necessaria perché il codice degli appalti pubblici (Dlgs 50/2016) consente di prorogare i contratti solo in casi eccezionali, cioè se la proroga è già prevista nel bando originario oppure per garantire la continuità del servizio in attesa di concludere la procedura di gara (proroga "tecnica").

Ma la rimodulazione dei contratti venne stralciata all'ultimo momento con la motivazione che sarebbe stata inclusa in una norma generale sulla semplificazione degli appalti. Rassicurazione tuttavia non più concretizzatasi in sede di adozione del decreto Semplificazioni che non prevede nulla al riguardo. Non solo. Anche gli emendamenti presentati in sede di conversione in legge del Dl Rilancio (34/2020) sono stati prima accantonati e poi respinti, nonostante la riformulazione del ministero dell'Economia e delle Finanze e la presentazione di analoga proposta emendativa da parte di Anci-Ifel.

La questione è stata evidenziata dall'Anacap (associazione nazionale aziende concessionarie servizi entrate enti locali) con una nota del 5 luglio scorso contenente un'estrema richiesta di aiuto al Governo, al quale viene contestato il fatto di aver abbandonato al loro destino le società del settore nonostante il motto «nessuno sarà lasciato solo». Eppure le società non avevano chiesto sovvenzioni, contributi a fondo perduto (invece concessi a tutti e anche alla concorrente Agenzia delle Entrate-Riscossioni), ma solo la possibilità di una compensazione in termini di durata dei contratti in corso e di affidamento di altri servizi, attraverso la rinegoziazione dei contratti medesimi.

L'Anacap è quindi sul piede di guerra e fa presente che a causa della sospensione delle attività di riscossione e di accertamento disposte dalla normativa in vigore, i cui effetti perdureranno ben oltre il 2020, le società non saranno in condizioni di ripartire, con gravi ripercussioni per la tenuta dell'intero sistema della fiscalità locale. É del tutto evidente che l'interruzione delle attività esternalizzate comporterà seri problemi finanziari e organizzativi alla stragrande maggioranza dei Comuni, molti dei quali non sono in grado di gestire direttamente il servizio.

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