Il CommentoPersonale

Contratti Pa, sui fondi scelte svincolate dall'economia

di Antonio Naddeo

L'ultimo rapporto semestrale sulle retribuzioni dei dipendenti pubblici pubblicato dall’Aran consente di fare un bilancio sulla tornata contrattuale 2016/2018 e verificare le condizioni per avviare le trattative per i rinnovi del 2019/2021 (si veda Enti locali & edilizia del 18 gennaio).

Il triennio 2016/2018 ha previsto un incremento retributivo a regime del 3,48%, pari a 85 euro mensili lordi. Gli accordi per i non dirigenti sono stati sottoscritti nel periodo febbraio-maggio 2018, mentre per i dirigenti le sottoscrizioni sono avvenute nel periodo luglio-dicembre 2020. Il ritardo della firma dei contratti comporta il pagamento di arretrati, i quali hanno effetto sulle cosiddette «retribuzioni di fatto» come determinate dall’Istat con i dati della Contabilità nazionale. In effetti, per il 2018 si riscontra un incremento delle retribuzioni di fatto nelle amministrazioni centrali pari al 4,4% e per le amministrazioni locali pari al 2,5%. Sul dato di queste ultime incide principalmente la struttura interna del comparto sanità, dove tutto il personale medico ha la qualifica dirigenziale il cui contratto è stato firmato nel 2019.

L’effetto arretrati comporta una variazione anche sul 2019 che, per le amministrazioni centrali rispetto al 2018 diventa negativo (-1,3%), mentre per le amministrazioni locali è pari al 2,1% per l’effetto medici. Tali dati evidenziano un tasso medio di crescita nel periodo 2015-2019 dell’1,5% a fronte dello 0,9% del settore privato. Nel quinquennio precedente, 2015-2010, le retribuzioni nel pubblico hanno avuto un arretramento dello 0,5%, a causa del blocco dei contratti, contro una crescita dell’1,4% nel privato. Guardando invece al ventennio 2000-2019, la crescita media nella Pa è stata del 2%, identica a quella del privato che registra un 2,1%.

Allo stato attuale, manca ancora un accordo generale sugli assetti contrattuali, poiché il precedente, siglato nel 2009, è decaduto nel dicembre 2013. Quanto avvenuto nella tornata 2016-18 e quello che sta avvenendo per quella 2019-21, sembra in realtà indicare che, nei fatti, si sia avviata una nuova modalità regolatoria, molto più flessibile, che non fa riferimento a tassi d’inflazione programmati o previsti e non tiene conto, successivamente, di eventuali scarti fra valore posto alla base dei rinnovi e risultanze di fatto, come ancora avviene in alcuni contratti collettivi nazionali privati, ma a una negoziazione tra Governo e sindacati su un valore di incremento a regime svincolato da riferimenti espliciti a grandezze macroeconomiche.

Con la legge di bilancio del 2021, lo stanziamento complessivo a regime su tutta la Pa ha raggiunto la cifra complessiva di 6,8 miliardi di euro (nel precedente triennio 2016-2018 le risorse complessive per tutta la Pa sono state pari a circa 5,4 miliardi di euro), corrispondente a incrementi del 4,07% e a incrementi complessivi medi mensili a regime di 107 euro per le amministrazioni statali.

Nelle ultime leggi di bilancio si sta verificando il fenomeno di un’aggiunta di risorse extra contrattuali solo per alcune categorie di personale, cosa che in passato ha causato la cosiddetta «giungla retributiva» . La legge di bilancio 2021 ad esempio ha previsto 530 milioni per l’indennità di esclusività medica e 335 milioni per l’indennità specificità infermieristica. Il totale di queste risorse, pari a circa 1,3 miliardi, dal 2021 si aggiunge ai 6,8 miliardi per i rinnovi contrattuali. Su questa base finanziaria dovrebbe partire la contrattazione per il pubblico impiego che avrà anche altri obiettivi molto importanti per l’organizzazione delle pubbliche amministrazioni: rivedere l’ordinamento professionale e regolare gli istituti normativi ed economici dello smart working.