Il CommentoProgettazione

Contro il dissesto idrogeologico un «patto» tra società di ingegneria e Pubblica amministrazione

Non utilizzare gli oltre 15 miliardi del Pnrr per la tutela del territorio e della risorsa idrica (M2C4) sarebbe un'occasione persa per il Paese

di Beatrice Majone*

Jerome Jean Haegeli, economista per Swiss Re, sostiene che i cambiamenti climatici rappresentano uno dei rischi maggiori per la società e l'economia globale. Munich RE stima che nel 2021 nel mondo si sono registrati 280 miliardi di dollari di danni da dissesto idrogeologico, di cui 46 miliardi in Europa. E l'Italia è uno dei paesi più fragili d'Europa. Nel Rapporto del 2021 Ispra infatti ci riferisce che «complessivamente, il 93,9% dei comuni italiani (7.423) è a rischio per frane, alluvioni e/o erosione costiera. 1,3 milioni di abitanti sono a rischio frane (13% giovani con età fino a 15 anni, 64% adulti tra 15 e 64 anni e 23% di persone di oltre 64 anni) e 6,8 milioni di abitanti a rischio alluvioni. Le regioni con i valori più elevati di popolazione a rischio frane e alluvioni sono Emilia-Romagna, Toscana, Campania, Veneto, Lombardia, e Liguria. Le famiglie a rischio sono quasi 548.000 per frane e oltre 2,9 milioni per alluvioni. Su un totale di oltre 14,5 milioni di edifici, quelli ubicati in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata sono oltre 565.000 (3,9%), quelli ubicati in aree inondabili nello scenario medio sono oltre 1,5 milioni (10,7%)».

Per chi, come le società di Oice, opera da decenni per difendere il territorio da alluvioni e frane, alla consapevolezza della pericolosità del proprio territorio si aggiunge la frustrazione di non riuscire a fare la differenza. Fare la differenza significa fare un cambio di passo in cui la Pubblica Amministrazione e le società private di ingegneria si uniscono in un patto collaborativo capace di superare le inefficienze e gli squilibri economici e finanziari che inficiano il risultato degli investimenti finalizzati alla mitigazione del rischio idrogeologico. Le società di ingegneria lavorano dietro le quinte del grande palco degli enti governativi e delle pubbliche amministrazioni che affidano loro la "messa in sicurezza del territorio". Ma la messa in sicurezza del nostro territorio è un falso ideologico perché quando si ha a che fare con alluvioni e frane si deve parlare di «mitigazione del rischio e di rischio residuo dopo la realizzazione degli interventi» e non di messa in sicurezza!

Le risorse economiche e finanziarie messe a disposizione sia per le singole opere che per i corrispondenti compensi dell'attività di progettazione sono generalmente insufficienti a portare a termine la costruzione delle opere stesse. Mancano fondi per svolgere le indagini strumentali imprescindibili per comprendere le complesse dinamiche di formazione ed evoluzione delle piene fluviali e dei dissesti geomorfologici. Troppo spesso i progetti preliminari, sulla base dei quali vengono deliberati i quadri economici di spesa, sono tecnicamente modesti e talvolta al limite dell'inconsistenza perché non ci mettono a disposizione risorse economiche per i progettisti e le pubbliche amministrazioni si buttano in maniera improvvisata nella folle corsa verso i progetti cantierabili, pena la perdita del finanziamento.

Oggi il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ci offre un portafoglio generoso di 15,06 miliardi di euro per la tutela del territorio e della risorsa idrica nell'ambito della Missione 2, Componente 4. Ma senza quel cambio di passo di cui si diceva prima le competenze e l'importante esperienza dell'ingegneria italiana in questi ambiti disciplinari non potranno offrire al paese il meglio delle loro potenzialità. Sarebbe un'altra occasione perduta per il nostro paese.

(*) Delegata Oice alla Sicurezza idrogeologica