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Controllo pubblico, una definizione a misura di Tusp, codice civile e giurisprudenza

La Corte dei conti del Veneto fa riferimento alla norma del Testo unico delle partecipate

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di Corrado Mancini

La sezione regionale per il Veneto della Corte dei conti, con la deliberazione n. 182/2021, ritiene che la procedura prevista dall'articolo 5 del Dlgs 175/2016 trova applicazione nelle ipotesi in cui una società sottoposta a controllo da parte di una pubblica amministrazione, secondo la nozione delineata dal Tusp, acquisti una partecipazione in una società già costituita a eccezione dei casi in cui l'acquisto della partecipazione avvenga in conformità a espresse previsione di legge.

La Corte per quanto concerne la definizione di controllo si limita a richiamare il contenuto dell'articolo 2 del Tusp il quale alla lettera m) precisa che per «società a controllo pubblico» si intendono quelle in cui «una o più amministrazioni esercitano poteri di controllo» ai sensi della precedente lettera b). Per effetto di questa disposizione, che richiama l'articolo 2359 del codice civile, una società deve considerarsi soggetta al controllo di una pubblica amministrazione quando quest'ultima disponga della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria, oppure disponga di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria, oppure sussistano vincoli contrattuali tra l'amministrazione e la società tali per cui la prima eserciti un'influenza dominante sulla seconda, oppure ancora, riprendendo l'estensione operata dall'articolo 2, comma 1, lettera b) del Dlgs 175/2016, quando la legge, lo statuto o i patti parasociali impongano per le decisioni strategiche il consenso unanime di tutte le amministrazioni pubbliche socie della società.

Tuttavia è necessario evidenziare come la definizione di società a controllo pubblico così come descritta nel Tusp che arricchisce, specifica e, per certi versi, diverge da quella civilistica di «controllo societario» di cui all'articolo 2359 del codice civile, sia stata fonte di notevoli incertezze.

In questo senso un primo orientamento (Mef 15 febbraio 2018) ritiene che una società debba ritenersi in controllo pubblico anche quando la maggioranza delle partecipazioni appartenenti ad enti pubblici sia frammentata in capo agli stessi, poiché gli enti pubblici sarebbero concepiti dal legislatore come «soggetto unitario». Questa impostazione ricorre anche nelle linee guida Anac. In buona sostanza, per Anac e Mef, la nozione di "controllo" elaborata per il Tusp è una nozione di diritto singolare, senza che la si debba per forza sovrapporre o far coincidere con quella di diritto comune.

In senso conforme a questo orientamento si sono espresse le Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti e anche le Sezioni riunite di controllo secondo le quali il "controllo pubblico" si può "presumere" anche in assenza di qualunque atto formale che sancisca il coordinamento tra le diverse partecipazioni, spesso pulviscolari, che possono interessare una società partecipata.

Altro orientamento, avallato anche dagli organi giurisdizionali della Corte dei conti nonché dalla giurisprudenza amministrativa, ritiene che la situazione di controllo pubblico non possa prescindere dalle formalità di un accordo espresso in grado di formalizzare il coordinamento. Con particolare riguardo a quest'ultimo aspetto si osserva che la forma scritta, per riconosciuto principio generale, è la forma prescritta ad substantiam per i contratti della pubblica amministrazione, perché "adeguata" al contenuto e alla causa dei contratti che essa stipula. Tale orientamento si preoccupa anche di superare gli argomenti "letterali" e "logico-sistematici" degli "orientamenti" Mef e Anac e della conforme giurisprudenza contabile consultiva.

Ne discende che, per l'importanza delle conseguenze di legge che discendono dalla ricognizione o meno della situazione di controllo pubblico, occorre ci sia ragionevole certezza probatoria che la partecipazione pubblica maggioritaria si sia tradotta anche in un dominio sui comportamenti strategici e gestionali della società.

Quindi, la situazione di controllo pubblico, per questo orientamento giurisprudenziale e dottrinale, deve quindi risultare esclusivamente da norme di legge, statutarie o da patti parasociali che richiedendo il consenso unanime o maggioritario di alcune delle pubbliche amministrazioni partecipanti e determinino la capacità di tali pubbliche amministrazioni di incidere sulle decisioni finanziarie e strategiche della società.

Da considerare, inoltre, con riferimento alle società in house, nel caso in cui le pubbliche amministrazioni assegnatarie devono esercitare, anche congiuntamente con altre amministrazioni pubbliche, il "controllo analogo" che, per una parte delle giurisprudenza, consiste «in una forma di eterodirezione della società, tale per cui i poteri di governance non appartengono agli organi amministrativi, ma al socio pubblico controllante che si impone a questi ultimi con le proprie decisioni» (Tar Lombardia n. 281/2021, CdS, Sezione V, sentenza n. 6460/2020).

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