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Coronavirus - Retromarcia delle Entrate, ferie fuori dai calcoli per il bonus da 100 euro

di Tiziano Grandelli e Mirco Zamberlan

Marcia indietro dell'agenzia delle Entrate in tema di premio dei 100 euro: le ferie non sono da conteggiare fra i giorni lavorati mentre contribuiscono nella quantificazione dei giorni lavorabili. In sostanza per i giorni di ferie il premio non spetta. La nuova posizione è contenuta nella risoluzione n. 18/E/2020.

Il problema era sorto appena una decina di giorni fa, con la circolare n. 8/E (Quotidiano degli enti locali e della Pa del 6 aprile). Rispondendo ad una serie di quesiti, venivano fornite indicazioni operative in merito al riconoscimento del premio, previsto, in poche e scarne righe, dal decreto «Cura Italia», all'articolo 63, in relazione «al numero di giorni di lavoro svolti nella propria sede di lavoro». Era evidente che i 100 euro promessi dovevano essere moltiplicati per un rapporto dato dal numero dei giorni lavorati in ufficio rispetto a quelli lavorabili, con riferimento al mese di marzo, così come dispone il decreto. Nella circolare si leggeva che «non sono da considerarsi nel rapporto – né al numeratore né al denominatore – le giornate di ferie o di malattia». Conseguenza logica di questa affermazione consisteva nella irrilevanza di queste assenze ai fini del bonus. Se i giorni lavorabili, complessivamente, per un dipendente rimasto sempre in ufficio, erano pari a 22 e un collega, nello stesso periodo, aveva goduto di 10 giorni di ferie, era evidente che, per quest'ultimo, i giorni lavorati e quelli lavorabili coincidevano ed erano pari a 12. Il rapporto risultava pari a 1 e, di conseguenza, il premio spettava per intero.

Dalla lettura della circolare sono risultati evidenti, sin da subito, i dubbi di coerenza tra la stessa e la norma del decreto il quale vuole riconoscere un beneficio a quei lavoratori che, anche nel periodo di emergenza, hanno proseguito a recarsi sul luogo di lavoro. E si arriva alla risoluzione del 9 aprile, che ha lo scopo di dare risposte alla richiesta di chiarimenti in ordine al contenuto della circolare. L'aspettativa era quella di leggere ulteriori precisazioni in ordine a punti ancora rimasti nella zona grigia. Al contrario, innanzitutto si conferma che il premio non spetta quando il dipendente non ha svolto l'attività nel luogo di lavoro perché era in smart working. Prosegue, poi, affermando che il bonus non è da riconoscere, altresì, quando lo stesso dipendente risulta assente «per qualsiasi altro motivo (ferie, malattia, permessi retribuiti o non retribuiti, congedi, ecc.)». Se l'Agenzia si fosse limitata a questa affermazione, si potrebbe ancora dubitare sulla rilevanza delle predette assenze ai fini del premio. Ma ogni perplessità viene fugata nel momento in cui si leggono gli esempi riportati nella stessa risoluzione. In uno di questi si fa l'ipotesi di un dipendente per il quale, nel mese di marzo, risultano 22 giorni lavorabili e che abbia fruito di 9 giorni di ferie e 2 di smart working. Risultato: dai giorni lavorabili si tolgono sia le ferie che il lavoro agile e il premio spetta per la metà.

In aggiunta, l'Agenzia amplia le modalità di calcolo rimettendo al datore di lavoro se calcolare il rapporto in questione in termini di ore o di giorni.

L'inversione di rotta, decisamente più in linea con la norma, comporta la revisione dei software e la necessità di ripartire da capo nella elaborazione degli stipendi, anche per quelli di marzo, che, nel settore privato, sono già stati pagati. Per le retribuzioni della Pa, in pagamento il 27, sarà quasi impossibile liquidare il premio.

La risoluzione delle Entrate n. 18/E/2020

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