Fisco e contabilità

Corte dei Conti: l'architetto-assessore non può progettare per la Pa. Si dimette il vicesindaco di Possagno

di Franco Tanel

Prendere e lasciare: nel senso che se sei un professionista (architetto, ingegnere, geometra, ma anche avvocato o veterinario) e accetti un incarico da amministratore in un comune, devi dire addio a qualsiasi attività professionale retribuita per altre amministrazioni o enti pubblici.

Lo ha ribadito la deliberazione della Corte dei Conti (Sezione delle autonomie) n. 11/2016 nella riunione dello scorso 18 marzo, chiamata a pronunciarsi sulla corretta interpretazione della disciplina vincolistica contenuta nell'art. 5, comma 5 Dl n. 78/2010. Una pronuncia chiesta dalla Sezione Regionale del Veneto della Corte stessa, in relazione ad una domanda del Comune di San Vendemiano (Treviso). In estrema sintesi il Comune chiedeva se la disciplina indicata dell'art.5 comma 5 del D.L. 78/2010 «si riferisca a tutte le ipotesi di incarico, comunque denominato, oppure se essa sia applicabile solo ad alcune tipologie di incarico». La Corte non ha avuto dubbi: prevale la interpretazione letterale.

L'effetto di questa deliberazione nei piccoli comuni potrebbe essere dirompente. E la ragione è semplice. Il compenso per un amministratore in un piccolo comune è di 100-200 euro al mese al massimo. E per molti è - ragionevolmente - impossibile rinunciare a una fetta importante del proprio reddito, quella che deriva da incarichi con la pubbliche amministrazione, ovviamente diversa da quella dove si è stati eletti in consiglio. Le prime dimissioni sono di questi giorni. Giamprimo Cunial, architetto è, o meglio era, vicesindaco di Possagno, sempre in provincia di Treviso. «Ho dato le dimissioni lunedì scorso, ho un mio studio professionale e da sempre ho lavorato anche con la pubblica amministrazione. Progettazioni di scuole, ristrutturazioni di edifici pubblici, piste ciclabili o marciapiedi, nulla di eclatante. Poi recentemente una amministrazione mi ha inviato una mail in cui mi diceva che non poteva assolutamente pagare la mia fattura elettronica, perché ero vicesindaco nel comune di Possagno. Ho tre figli, in studio lavoro solo io, non mi posso permettere, specialmente in questo periodo, di rinunciare alle committenze pubbliche».

La norma pensata per limitare la spesa pubblica e evitare favoritismi incrociati, in realtà rischia di paralizzare molte piccole amministrazioni. «Possagno ha circa 2000 abitanti, siamo solo in sei consiglieri, 4 di maggioranza e 2 di opposizione, il personale è ridotto all'osso ed è sempre più anziano, è sempre più difficile trovare persone con le competenze necessarie a gestire un comune. Io sono stato eletto con una lista civica e non ho nessuna ambizione politica, volevo solo essere utile alla mia comunità: ma così è impossibile. La mia indennità non arriva a 180 euro al mese, naturalmente lorde. Non faccio il politico di professione e il mio lavoro è fondamentale per la mia famiglia. Capisco la filosofia della legge ma credo che gli effetti siano perversi. Potrà essere eletto solo chi è ricco o in pensione, magari dipendente pubblico».

Ed è proprio su questi aspetti discriminatori che sia il Comune di Possagno che la Sezione Veneta della Corte avevano manifestato qualche perplessità: perché se da un lato è vero che nessuno è obbligato a candidarsi e a fare l'amministratore pubblico di un Comune, dall'altra si rischia di limitare, o quantomeno penalizzare, il diritto all'elettorato attivo per i liberi professionisti. Il sindaco di Possagno ha interessato della questione anche l'Anci della Provincia di Treviso che ha preso molto sul serio la questione. La presidente trevigiana dell'Anci Maria Rosa Barazza ha già informato rappresentanti del Governo e parlamentari.

La delibera n. 11/2016 della Corte dei Conti

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