Personale

Dall'assenza da vaccino rischio tagli in busta paga

L’Associazione professionale polizia locale d’Italia (Anvu) ha deciso di chiedere lumi all’Inail

di Tiziano Grandelli e Mirco Zamberlan

Da qualche mese è in corso la battaglia contro la pandemia da Coronavirus con la somministrazione dei vaccini, che vengono distribuiti in base alla fascia di età o alla tipologia di lavoro. Purtroppo la somministrazione di questi vaccini, soprattutto l’Astrazeneca, sta causando in alcuni casi effetti collaterali che spesso comportano assenze dal luogo di lavoro.

Questi giorni non lavorativi conseguenti al vaccino come devono essere trattati? Anche se la domanda può sembrare banale, la risposta è tutt’altro che scontata, considerato che, sul tema, si rilevano due posizioni contrastanti tra loro. La prima posizione considera questi giorni come infortunio sul lavoro, e l’altra li equipara alla malattia.

In merito a questa problematica, l’Associazione professionale polizia locale d’Italia (Anvu) ha deciso di prendere parola per chiedere lumi all’Inail.

Facendo riferimento all’articolo 2 del Dpr 1124/1965, oltre che alle circolari Inail n. 13 e 22 del 2020, l’Anvu afferma che i giorni di assenza causati dagli effetti collaterali del vaccino devono essere considerati come «infortunio sul/in occasione di lavoro» e non come malattia, in quanto sono presenti tutti gli elementi che, giuridicamente, individuano questa tipologia di infortunio: ovvero l’evento patologico (l’effetto collaterale), l’occasione di lavoro (in quanto a volte la vaccinazione avviene durante l’orario di lavoro), la causa violenta (l’ago che fora la pelle) e infine la causa esterna ( in quanto l’ago introduce una sostanza “esterna” nel corpo).

L’Anvu, in aggiunta, ha dichiarato che questi sintomi risultano tra quelli elencati nei “bugiardini” dei vaccini e, di conseguenza, sempre a parere dell’associazione, l’amministrazione deve prendere atto del nesso eziologico tra vaccinazione e sintomi, in quanto vige il principio della presunzione semplice, e trattare l’evento come infortunio sul lavoro.

Sempre nella nota, l’associazione ha affermato che trattare le assenze dal lavoro dei dipendenti degli enti locali come semplice malattia porta a una diversa situazione economica e giuridica. Infatti, le malattie, se sono di una durata inferiore ai 10 giorni, comportano decurtazioni sullo stipendio relativamente al salario accessorio, cosa che, al contrario, non avviene se le assenze sono trattate come infortunio sul lavoro

Inoltre, sostiene l'Anvu, per gli enti pubblici le assenze considerate come malattia, in luogo dell'infortunio, possono portare a un danno erariale all'amministrazione in quanto le risorse per pagarle sono prelevate dal bilancio dello stesso ente senza nessuna possibilità di ristoro, cosa che non avviene nel caso di infortunio sul lavoro in quanto, dopo una franchigia di pochissimi giorni, l'amministrazione anticipa solamente quanto dovuto al lavoratore e poi chiede/ottiene un rimborso dall'Inail.

L'Anvu, infine, evidenzia che l'Inail ha deciso di respingere queste richieste di indennizzo, in quanto non saranno valutate come infortunio, arrivando ad affermare che i certificati inviati vengono considerati dei refusi dei medici certificatori. Ma finché l'Inail non risponderà o farà chiarezza su come considerare questi giorni di assenza si rimarrà sempre nel dubbio, con la minaccia dell'Anvu di denuncia per danno erariale.

Ma anche volendo considerare il periodo di assenza in questione come da indicazioni Anvu, c'è da superare lo scoglio rappresentato dalla certificazione rilasciata dai medici che non sempre attivano la procedura per l'infortunio.

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