Danno erariale al dipendente che ha incassato l'indennità di turno consapevole di non averne diritto
L'indebita percezione della misura era avvenuta in difetto del presupposto della distribuzione equilibrata
L'indebita percezione dell'indennità di turno, in difetto del presupposto legittimante quale è quello della distribuzione equilibrata e avvicendata dei turni di lavoro, non colpisce solo chi ha adottato e sottoscritto gli atti di autorizzazione alla liquidazione ma è fonte di responsabilità erariale anche per il dipendente che sa di non averne diritto. Questo il principio affermato dalla Corte dei conti Umbria, sezione giurisdizionale, nella sentenza n. 81/2020, vicenda che ha visto coinvolto un dipendente del corpo della Polizia municipale.
Le condizioni legittimanti
La problematica riguarda la verifica delle condizioni che legittimano l'erogazione dell'indennità di turno, in applicazione all'articolo 22 del contratto 14 settembre 2000, vigente all'epoca dei fatti. Il dibattito giudiziario si concentra sulla definizione del principio della «distribuzione equilibrata e avvicendata dei turni», che presuppone che il dipendente presti un numero di turni in orario antimeridiano sostanzialmente equivalente a quelli in orario pomeridiano (principio che è stato fedelmente ripreso anche nel contratto del 21 maggio 2018).
La sentenza richiama le indicazioni già fornite dall'Aran (RAL478), secondo la quale il termine equilibrato non corrisponde esattamente a numero identico ma ad un ragionevole differenziale tra i turni antimeridiani e quelli pomeridiani, di una o due unità, giustificato da esigenze organizzative e non già da programmazioni di turni modificate a posteriori.
Come evidenziato dai giudici contabili, non può ritenersi ragionevolmente «equilibrata» una turnazione in cui i turni effettuati in orario antimeridiano risultano su base mensile superiori al 60%, quelli pomeridiani inferiori al 40% e non sia mai stato effettuato un turno notturno (nel caso in esame la dipendente ha svolto il proprio turno di lavoro quasi esclusivamente al mattino, effettuando qualche raro turno pomeridiano mensile). Tale posizione si allinea così perfettamente a con quanto già affermato, qualche anno fa, dalla magistratura contabile marchigiana (sentenza n. 25/2016).
La responsabilità erariale del dipendente
Punto saliente della sentenza è il coinvolgimento diretto del dipendente in questione, che pur avendo consapevolezza di non averne diritto, ha percepito indebitamente il compenso accessorio. Per la magistratura contabile umbra tale condotta è gravemente colposa e in quanto tale, fonte di responsabilità amministrativa.
Si afferma infatti che «la destinazione di determinate risorse finanziarie in modo vincolato ad un fondo per il pagamento di emolumenti accessori ai dipendenti dell'ente pubblico locale, non ne esclude la connotazione pubblicistica, in quanto, quale che sia la fonte dell'entrata, l'acquisizione al bilancio pubblico ne determina la natura di cespite erariale; per cui la perdita di essa (anche sotto forma di spesa ingiustificata) comporta l'insorgenza di un danno definibile erariale».