Urbanistica

Decoro urbano, illegittimo l'obbligo di intervenire imposto dal Comune al proprietario dell'edificio ammalorato

Motivi estetici insufficienti: serve una legge. Il Tar Liguria difende il confine che la Pa non può superare

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di Massimo Frontera

La costituzione - articolo 23 - difende, tra le altre cose, anche il diritto a mantenere il proprio edificio in condizioni che l'ente locale considera indecorose, sempre che non sia una norma di legge a imporre il contrario. Lo ribadisce il Tar Liguria (Genova) con la pronuncia n.1020/2021. I giudici della Seconda sezione hanno accolto il ricorso di un residente nel comune di Imperia che ha impugnato l'ordinanza comunale indirizzata a tutti i proprietari dello stabile, con l'ingiunzione di intervenire sull'immobile ammalorato, in forza del regolamento edilizio comunale, il quale, a sua volta, faceva riferimento all'obbligo di migliorie finalizzate al mantenimento del decoro della facciata.

Nessun dubbio per i giudici che la richiesta sia contraria ai principi affermati nella Costituzione, secondo cui, come recita il lapidario e cristallino articolo 23 «nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge». Il fatto che l'edificio sia in condizioni in cui sia compromessa la «corretta fruibilità dell'ornato cittadino» - cioè, in definitiva, del decoro urbano - non può giustificare l'ingiunzione dell'ente locale nei confronti dell'immobile al fine di «porre riparo» alla situazione. Sia pure in ottemperanza a una norma prevista dal regolamento comunale. Più esattamente, «la norma regolamentare denunciata al comma cinque prevede che "qualora fossero comunque verificate gravi carenze manutentive, tali da compromettere il decoro e/o la sicurezza socio-ambientale e/o l'igiene, ai proprietari sarà ingiunto di ricondurre e mantenere l'immobile alle sue condizioni ottimali, prescrivendo l'adozione di soluzioni coerenti con le caratteristiche e il decoro dell'edificio, per ciò assegnando un termine per adempiere commisurato al tipo di carenze riscontrato", mentre il comma sei abilita l'amministrazione a sanzionare le condotte omissive dei proprietari con sanzioni pecuniarie». Il giudizio emesso dai giudici ricalca conclusioni analoghe espresse dallo stesso Tar nel 2014 su un caso identico, sollevato sempre nel comune di Imperia.

Allargando il quadro, i giudici ipotizzano anche ulteriori e diversi profili che potrebbero dare un più solido fondamento all'azione dell'ente locale. «Diversa sarebbe stata probabilmente la soluzione - argomentano i giudici - ove si fosse trattato di idoneità igienica o di sicurezza socio-ambientale e cioè di agibilità, posto che ricorrendo tali situazioni le norme denunciate avrebbero potuto essere ricollegate ad altre disposizioni poste a tutela della salute e della sicurezza pubblica, con che l'amministrazione avrebbe potuto agire in tali modi per ottenere il risultato ritenuto necessario. La determinazione impugnata opera invece il riferimento alla sola situazione di ammaloramento delle strutture, ma nessun accenno vien fatto nel provvedimento in ordine alla ricorrenza di altro se non del profilo estetico, sì che la violazione dell'art. 23 Cost. appare confermata».

I giudici concludono ricordando che «le norme del testo unico per l'edilizia hanno genericamente abilitato i comuni ad introdurre il regolamento edilizio, a renderlo possibilmente analogo per tutto il territorio nazionale, ma nelle norme di legge allegate non si rinviene alcun riferimento alla possibile attribuzione del potere di costituire un'obbligazione di fare a favore del comune in capo ai privati e in modo unilaterale».

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