Decreto Pa, via il nulla osta alla mobilità volontaria
Non sarà più necessario il consenso dell'amministrazione di appartenenza per spostarsi
Non sarà più necessario il nulla osta dell'amministrazione di appartenenza per spostarsi in mobilità volontaria presso un altro ente.
La bozza del Dl di riforma della Pa, anche detto decreto Recovery per la sua correlazione con la partenza del Pnrr, contiene novità dirompenti per le pubbliche amministrazioni, incluse quelle locali, anche oltre la contingenza del Piano.
L'attuale testo dell'articolo 3, comma 7, infatti, apporta una importante modifica all'articolo 30, comma 1, del Dlgs 165/2001 portando al superamento del necessario consenso, da parte del datore di lavoro, a che un dipendente pubblico possa trasferirsi in mobilità presso un'altra amministrazione.
Innovazione questa, va detto, da tempo ventilata nell'ambito di un più ampio disegno di riforma della pubblica amministrazione che è rimasto finora inattuato.
La nuova norma, se verrà confermata al termine dell'iter legislativo, accresce la libertà di movimento dei dipendenti e introduce tre sole casistiche nelle quali la Pa di appartenenza manterrà la capacità di opporsi alla volontà del lavoratore: il fatto che questo rivesta «posizioni motivatamente infungibili», che sia stato assunto da meno di tre anni, o che l'amministrazione di appartenenza «abbia una carenza di organico superiore al 20 per cento nella qualifica corrispondente a quella del richiedente». Periodo, quest'ultimo, non chiarissimo, in ragione della necessità di comprendere se per qualifica debba intendersi la mera categoria di inquadramento o anche qualcosa di più, che sconfina nell'ambito del profilo professionale.
La ricorrenza dell'ipotesi, quindi, si immagina che dovrà essere ricollegata dalle amministrazioni a quanto previsto nella programmazione dei fabbisogni, sede nella quale, eventualmente, potrà rilevarsi la carenza dotazionale necessaria per negare quello che diviene, a questo punto, un diritto del dipendente a trasferirsi.
Certamente, se nulla muterà nel testo, l'impatto della modifica sarà importante innanzitutto per le amministrazioni locali, in specie per quelle medio-piccole.
Ai dipendenti in uscita potrà essere richiesto di pazientare fino a un massimo di 60 giorni dall'inoltro dell'istanza di passaggio diretto verso un'altra amministrazione; e unicamente per ragioni organizzative che, anche qui, il legislatore vuole siano "motivate" dal datore di lavoro.
Nel complesso, non pare muti altro in ordine alla procedura, che resta contrassegnata dai passaggi conosciuti (predisposizione di un avviso, pubblicazione sul sito istituzionale per almeno 30 giorni, verifica del possesso dei requisiti professionali dei candidati al trasferimento).
La norma, parte dall'assunto, certamente fondato, che lo strumento della mobilità volontaria sia preziosissimo per compensare in modo "naturale" gli squilibri dotazionali presenti tra un ente e l'altro e accentuati talvolta anche su base territoriale.
D'altro canto, la sostituzione di una unità di personale spesso è un processo che richiede tempo e investimenti, e un meccanismo come quello prefigurato rischia di mettere in seria difficoltà gli enti locali quando si troveranno a perdere risorse umane senza potere, nella più parte dei casi, esercitare alcun controllo sul fenomeno, né disporre di tempi adeguati a riorganizzarsi.