Personale

Dirigenza medica, straordinari senza retribuzione extra ma con possibilità di risarcimento

Per i medici dirigenti pubblici non c'è automatismo tra orario straordinario e aumento della retribuzione se non è stabilito e quantificato prima

di Federico Gavioli

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 16711/2020, ha rigettato il ricorso di alcuni dirigenti sanitari dipendenti pubblici nei confronti di una azienda ospedaliera universitaria; per i giudici di legittimità nel pubblico impiego privatizzato svolgere gli "straordinari" non fa nascere diritti retributivi ulteriori a quanto già previsto ma può determinare il risarcimento del danno alla salute.

Il contenzioso
La Corte d'Appello ha respinto il ricorso proposto da alcuni dirigenti sanitari pubblici avverso la sentenza del Tribunale che a propria volta aveva disatteso la domanda con i quali i predetti dirigenti, presso una azienda ospedaliera universitaria , avevano chiesto il pagamento delle ore di lavoro straordinario svolte da ciascuno di essi ( in totale i ricorrenti erano sei) dal gennaio 2004 al giugno 2008 o, in subordine, il risarcimento del danno.
La Corte distrettuale, con riferimento alla domanda di pagamento a titolo retributivo ha richiamato la giurisprudenza di legittimità che, sia per i dirigenti medici apicali, sia per quelli non apicali, ha escluso il diritto al pagamento del lavoro straordinario, in quanto assorbito dalle previsioni della contrattazione collettiva che attribuivano una retribuzione di risultato compensativa anche dell'eventuale superamento dell'orario lavorativo.
Con riferimento alla domanda di risarcimento la Corte territoriale ha escluso che il danno potesse essere ritenuto evidente, mentre, nel caso di specie, al di là dei tabulati da cui sarebbe risultata la prova delle ore lavorate in eccesso, non è stato allegato alcun elemento ulteriore da cui desumere l'effettivo verificarsi di un pregiudizio quale conseguenza della condotta datoriale, né poteva essere ritenuta sufficiente la valutazione in termini assoluti del numero di ore prestate.
Avverso la sentenza sfavorevole i dirigenti medici hanno proposto ricorso per cassazione con una serie articolata di motivazioni.

La decisione
I giudici di legittimità, dopo una corposa ricostruzione delle disposizioni contrattuali e della giurisprudenza comunitaria e di legittimità, sono arrivati alla conclusione che interpretando le clausole contrattuali , le une per mezzo delle altre, si arriva alla risoluzione che le parti collettive, anche al fine di armonizzare la disciplina della dirigenza medica con i principi che regolano nel settore pubblico il rapporto dirigenziale, fra i quali assume particolare rilievo quello della onnicomprensività del trattamento economico, hanno reso del tutto residuale la possibilità del compenso del lavoro straordinario.
La Cassazione ha stabilito che il lavoro straordinario resta limitato a specifiche prestazioni aggiuntive (guardie mediche, pronta disponibilità etc.), anche destinate a sopperire a situazioni di urgenza o particolari, ma in questo caso (Cassazione 7348/2017) sulla base della preventiva autorizzazione dell'ente datore di lavoro (al fine di assicurare coerenza con l'interesse pubblico e le previsioni di bilancio), la cui mancanza non consente di riconoscere altrimenti alcun diritto retributivo a questo titolo (Cassazione n. 2509/2017).
Per la Cassazione, in definitiva, il mero andare oltre l'orario ordinario non comporta di per sé un trattamento economico aggiuntivo, trovando la propria collocazione nell'ambito del raggiungimento degli obiettivi di budget e nella determinazione delle quote della retribuzione di risultato, potendo altrimenti essere remunerate le predette prestazioni aggiuntive, qualora disposte o autorizzate.
I Supremi giudici hanno, quindi, integralmente respinto il ricorso. Per i giudici di legittimità va, altresì, formulato il seguente principio«in tema di dirigenza medica nel pubblico impiego privatizzato, lo svolgimento di lavoro straordinario - inteso quale prestazione eccedente gli orari stabiliti dalla contrattazione collettiva - non fa sorgere diritti retributivi ulteriori rispetto a quanto previsto a titolo di retribuzione di risultato o a titolo di specifiche attività aggiuntive (pronta disponibilità; guardie mediche; prestazioni autorizzate non programmabili etc.); tuttavia, la sistematica richiesta o accettazione di prestazioni eccedenti i limiti massimi stabiliti dalla legge o dalla contrattazione collettiva rispetto alla misura (giornaliera, settimanale, periodale o annua) del lavoro o la violazione delle regole sui riposi, come anche, qualora queste norme non si applichino o, per talune scansioni temporali, manchino, lo svolgimento della prestazione secondo modalità temporali irragionevoli, rendono il datore di lavoro responsabile, ai sensi dell'articolo 2087 del codice civile, del risarcimento del danno cagionato alla salute (articolo 32 della Costituzione) o alla personalità morale (artcoli 35 e 2 della Costituzione, in relazione all'articolo 2087 del codice civile) del lavoratore. Peraltro, mentre il danno da carattere gravoso o usurante della prestazione, quando sia allegata e provata la violazione sistematica di norme specifiche sui limiti massimi dell'orario o la violazione di norme sui riposi, è da ritenere in re ipsa, nel caso in cui viceversa queste norme non siano applicabili o manchino, chi agisce, per ottenere il corrispondente risarcimento, è tenuto ad allegare e provare che le prestazioni, per le irragionevoli condizioni temporali, in una eventualmente al contesto in cui si sono svolte, sono state in concreto lesive della personalità morale del lavoratore».

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