Fisco e contabilità

Disavanzo, non si applica al bilancio se già ripianato

Qualora, nel mentre, il maggiore risultato negativo è stato riassorbito per effetto dell'andamento della gestione finanziaria

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di Marco Rossi e Patrizia Ruffini

L'ente locale che ridetermina il risultato di amministrazione di un esercizio precedente rilevando un maggiore disavanzo non deve procedere alla successiva applicazione qualora, nel mentre, tale maggiore risultato negativo sia già stato riassorbito per effetto dell'andamento della gestione finanziaria.

É quanto ha sancito la Sezione di controllo della Sicilia della Corte dei conti, con l'interessante parere n. 190/2022 che affronta il particolare caso di un disavanzo relativo al 2019, emerso a seguito di una rideterminazione del risultato di amministrazione effettuata nel 2022 e già interamente recuperato nell'esercizio 2021, sulla base delle risultanze di quest'ultimo rendiconto.

Per giungere alla conclusione descritta la magistratura contabile ricorda, anzitutto, la previsione di cui al paragrafo 9.2.28 del Principio contabile allegato 4/2 al Dlgs 118/2011, secondo cui «Il disavanzo di amministrazione di un esercizio non applicato al bilancio e non ripianato a causa della tardiva approvazione del rendiconto o di una successiva rideterminazione del disavanzo già approvato, ad esempio a seguito di sentenza, è assimilabile al disavanzo non ripianato … ed è ripianato applicandolo per l'intero importo all'esercizio in corso di gestione». L'impostazione è ritenuta coerente, sia con la natura unitaria e ciclica del bilancio, sia con il correlato continuo fluire della gestione finanziaria, dalla quale ben possono scaturire miglioramenti superiori a quelli programmati, in grado di assicurare la copertura di (quote di) disavanzi ulteriori rispetto a quelli formalmente applicati.

Del resto, nella fase della previsione, è applicato l'importo di disavanzo che l'ente, a livello programmatico, ritiene di coprire per effetto della gestione finanziaria, fermo restando che - ex post - nulla impedisce un effettivo recupero per un ammontare superiore rispetto a quello atteso.

Rileva, altresì, il paragrafo 9.2.30 , il quale stabilisce che, «nel caso in cui non sia possibile riferirlo ai piani di rientro, il maggiore ripiano del disavanzo è attribuito alle componenti del disavanzo di amministrazione in ordine di anzianità di formazione del disavanzo stesso, nei limiti delle quote previste nell'esercizio successivo e seguenti e restano ferme le modalità di ripiano previste nei piani di rientro, che termineranno prima del previsto».

In concreto, poi, l'effettivo ripiano del disavanzo avviene se e nella misura in cui il disavanzo rappresentato dalla lettera E dell'allegato al rendiconto concernente il risultato di amministrazione si presenta inferiore rispetto all'analoga grandezza dell'esercizio precedente.

Quand'anche non immediatamente applicato nell'esercizio successivo a quello in cui si è formato, risulta pertanto possibile, per effetto della positiva evoluzione della gestione, il ripiano totale o parziale del disavanzo negli esercizi successivi a quello di formazione. Ne va data dimostrazione, ovviamente, nei rispettivi rendiconti.

Nel caso sottoposto al parere della Corte si tratta di appurare se negli esercizi intermedi (2020 e 2021) sia stato realizzato un margine positivo (lettera E del risultato di amministrazione) di entità tale da coprire, oltre alle componenti negative di origine più risalente (ad esempio, quote del disavanzo da riaccertamento straordinario), anche quella formatasi nell'esercizio 2019 e accertata, solo tardivamente nel 2022, a seguito della rideterminazione del risultato di amministrazione.

Diviene, quindi, oggettivamente ultronea l'applicazione dal disavanzo. É infatti necessario che esso sia «non applicato al bilancio» e anche «non ripianato»; d'altra parte (operando diversamente) il rinnovato stanziamento di quanto già recuperato costituirebbe, a tutti gli effetti, una duplicazione.

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