Fisco e contabilità

Divieto di soccorso finanziario anche per i consorzi di servizi

La disciplina in materia di debiti fuori bilancio riguarda esclusivamente quelli di gestione ma non di liquidazione

di Marco Rossi

I principi in tema di divieto di soccorso finanziario, stabiliti dall'articolo 14, comma 5, del Dlgs 175/2016, sono estensibili anche ai consorzi di servizi. Inoltre, la disciplina dei disavanzi dei consorzi contenuta nell'articolo 194 del Dlgs 267/2000 in materia di debiti fuori bilancio riguarda esclusivamente i disavanzi di gestione ma non i disavanzi di liquidazione.

Sono questi i contenuti salienti di un recente (e interessante) parere rilasciato dalla Sezione regionale di controllo della Campania della Corte dei conti (parere n. 24/2022), che riguarda le perdite sofferte, in sede di liquidazione, da un consorzio obbligatorio per la gestione integrata di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani.

La questione attiene all'applicazione dell'articolo 14, comma 5, del Dlgs 175/2016, ossia la disposizione che prevede il divieto di soccorso finanziario da parte degli enti pubblici partecipanti in favore dell'organismo societario partecipato, nella prospettiva di abbandonare la logica del salvataggio ad ogni costo di enti in situazione di difficoltà economico-finanziaria.

In forza di tale disciplina, il socio pubblico che intenda farsi carico delle obbligazioni sociali è tenuto a rappresentare la ragione economico giuridica dell'operazione, in considerazione del fatto che, per i principi di sana gestione finanziaria, l'assunzione da parte sua di debiti altrui può essere giustificata solo dalla sussistenza di un prevalente interesse pubblico da motivare adeguatamente.

La norma è tendenzialmente rigorosa, come emerge chiaramente dall'eccezionalità dei casi in cui la stessa ammette l'ausilio finanziario da parte dell'ente partecipante, essendo consentiti i trasferimenti straordinari a fronte di convenzioni, contratti di servizio o di programma relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse ovvero alla realizzazione di investimenti, purché le misure indicate siano contemplate in un piano di risanamento, approvato dall'Autorità di regolazione di settore ove esistente e comunicato alla Corte dei conti (con ripristino dell'equilibrio entro un triennio).

I principi di tale disposizione sono applicabili anche ai consorzi di servizi (coerentemente con le precedenti pronunce), nonostante la norma si riferisca direttamente solo a organismi strutturati in forma di società di capitali, dal momento che essi integrano, parimenti, «realtà operative inserite a tutti gli effetti nel contesto della finanza territoriale» e trovano, a fortiori, applicazione agli enti partecipati strutturalmente in squilibrio posti in liquidazione, che non hanno una prospettiva di continuità aziendale.

Del resto già l'articolo 194 del Dlgs 267/2000, nell'ambito della disciplina dei debiti fuori bilancio, pone alcuni significativi vincoli, posto che condiziona la ripianabilità del disavanzo dei consorzi al rispetto del pareggio di bilancio ed alla circostanza che il disavanzo derivi da fatti di gestione.

A evidenza, il concetto di pareggio a cui fa riferimento la norma non può che riguardare quello di equilibrio di bilancio in ragione delle norme introdotte con la legge costituzionale 1/2012 e della loro coerenza con gli obblighi assunti in sede comunitaria dallo Stato italiano.

Pertanto, il concetto di pareggio rilevante è quello a consuntivo e non certamente quello a preventivo, con la conseguenza che risulterà ripianabile il disavanzo sorto nonostante sia stato programmato il "prospettico" pareggio a consuntivo preordinato alla continuità aziendale e che derivi da "fatti di gestione".

Essendo il limite del pareggio funzionale alla continuità aziendale (con gli effetti correlati in termini di ripianabilità) ne deriva, infine, la possibilità di copertura, legittimamente, esclusivamente dei disavanzi determinati dall'alea d'impresa, escludendo così -evidentemente - i disavanzi di liquidazione.

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