Appalti

Dl Semplificazioni, sulle irregolarità «non definitive» torna l'esclusione dalle gare

Dl ripesca una norma dello Sblocca cantieri: più discrezionalità alla Pa

di Giuseppe Latour

Lo spettro delle irregolarità fiscali non definitive come causa di esclusione dagli appalti pubblici torna a minacciare le imprese italiane. Il principio, già inserito nel decreto Sblocca cantieri (Dl 32/2019) poco più di un anno fa e poi cancellato, si affaccia nuovamente nel decreto semplificazioni.Qui si prevede, modificando l'articolo 80 del Codice appalti (Dlgs 50/2016), che un operatore economico «può essere escluso dalla partecipazione a una procedura d'appalto se la stazione appaltante è a conoscenza e può adeguatamente dimostrare» che l'impresa non ha ottemperato ai suoi obblighi relativi al pagamento di imposte, tasse e contributi previdenziali, anche «non definitivamente accertati». È sufficiente che questo mancato pagamento costituisca una violazione grave. Il tetto al quale fare riferimento per definire il concetto di gravità è richiamato dal Codice appalti ed è inserito nel Dpr 602/1973, oggetto della circolare 13/2018 della Ragioneria generale dello Stato del ministero dell'Economia.

Qui si dice che questo limite è pari ad appena 5mila euro. Ricapitolando, allora, in base a questa novità un'irregolarità fiscale o contributiva non accertata in maniera definitiva, di importo anche relativamente piccolo (sopra i 5mila euro), legittima l'amministrazione a escludere un'impresa da una procedura di appalto. Un grande potere discrezionale in capo alla Pa, insomma. L'intervento – va ricordato – incide sui motivi di esclusione dagli appalti: sono quelle situazioni, come le condanne definitive per delitti contro la Pa, che portano l'operatore fuori dalla procedura di appalto. La legge già oggi prevede l'esclusione per inadempimenti fiscali e contributivi, ma lo fa con un fondamentale limite: le violazioni devono essere «gravi e definitivamente accertate». Serve, cioè, una sentenza o un atto amministrativo definitivo, non più soggetto ad impugnazione. Un limite che, con la previsione del decreto appena approvato, salta.

È una novità che sa poco di semplificazione, perché tende ad aumentare le incertezze del sistema. E che, in una versione quasi identica, era già finita nello Sblocca cantieri solo pochi mesi fa, scatenando le durissime proteste del mondo delle imprese.Il motivo di questo continuo ritorno di un principio del genere è una lettera di messa in mora con la quale, a gennaio dello scorso anno, la Commissione europea aveva avanzato dubbi sulla conformità delle nostre regole ad alcune disposizioni della direttiva 2014/23/Ue e della direttiva 2014/24/Ue. Il Codice appalti, infatti, non consente «di escludere un operatore economico che ha violato gli obblighi relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali qualora tale violazione – pur non essendo stata stabilita da una decisione giudiziaria o amministrativa avente effetto definitivo – possa essere comunque adeguatamente dimostrata dall'amministrazione aggiudicatrice o dall'ente aggiudicatore».

Per questo motivo, il decreto Sblocca cantieri aveva introdotto la possibilità di escludere le imprese anche sulla base di irregolarità non definitive. Dopo le proteste delle imprese, quel passaggio era stato cancellato dal Parlamento, con una marcia indietro auspicata da molte parti. Ora il decreto semplificazioni torna al punto di partenza, inserendo nel nostro sistema una mina potenzialmente devastante per il mercato. Come era successo nello Sblocca cantieri, viene confermata anche una possibile via di fuga. L'impresa non può essere esclusa quando abbia «ottemperato ai suoi obblighi», pagando o «impegnandosi in modo vincolante a pagare» le imposte o i contributi previdenziali dovuti, «compresi eventuali interessi o multe», o quando comunque il debito previdenziale o tributario sia integralmente estinto.

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